In conclave è lo Spirito Santo a “scegliere”? La risposta di un futuro papa (stracitato) e quella di un economista.
Conclave: luogo chiuso per eminenza, eppure in cui tirano fior di correnti. Che siano le buriane degli accordi umani, gli spifferi dei media oppure la brezza lieve dello Spirito Santo.
A questo proposito, tanto si dice attorno al ruolo della “politica” nella scelta del pontefice, dai gruppi interni alla Chiesa alle pressioni extra-ecclesiali. Molto meno sul senso migliore del termine: un saggio discernimento sul futuro di una comunità universale. All’estremo opposto (ma non è detto che siano estremi che si escludono a vicenda) si colloca il ruolo attribuito allo Spirito Santo: spetterebbe soltanto a lui la scelta del successore di Pietro. C’è anche chi nei secoli ha provato a “forzargli la mano”, come nella designazione, per sorteggio, del patriarca di Mosca, Tichon, nel 1917, all’alba della rivoluzione sovietica. Quattro anni di ministero, conclusi con la sua prigionia e morte (e la successiva santità, per la Chiesa ortodossa russa).
E quella del papa potrebbe dirsi una “elezione divina”? Non proprio. A riportare le cose a un giusto – e santo – equilibrio è un futuro papa, l’allora cardinale Joseph Ratzinger, arcivescovo di Monaco e Frisinga e prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, l’organo della Santa Sede che si occupa di vigilare sulla correttezza della dottrina cattolica. Si tratta di una vecchia intervista per la televisione bavarese, anno 1997, della quale negli ultimi giorni sembra essersi ricordato pressoché chiunque: va detto che in quasi 30 anni non ha perso nulla in attualità e buon senso (né ha mai smesso di circolare in rete). Pontefice regnante, allora, Giovanni Paolo II.
Dunque, è lo Spirito Santo a “scegliere” il Papa?
«Non direi così, nel senso che sia lo Spirito Santo a sceglierlo. Direi che lo Spirito non prende esattamente il controllo della questione, ma piuttosto, da quel buon educatore che è, ci lascia molto spazio, molta libertà, senza pienamente abbandonarci. Così che il ruolo dello Spirito dovrebbe essere inteso in un senso molto più elastico, non che egli detti il candidato per il quale uno debba votare. Probabilmente l’unica sicurezza che egli offre è che la cosa non possa essere totalmente rovinata. Ci sono troppi esempi di papi che evidentemente lo Spirito Santo non avrebbe scelto», chiude Ratzinger, non senza ironia.
Una posizione simile a quella espressa anni prima da un altro cardinale e teologo raffinato, lo svizzero Charles Journet, nel suo L’Eglise du Verbe incarné. Parafrasando: l’opera dello Spirito Santo non impedisce che in conclave gli elettori compiano cattive scelte, ma garantisce che ogni scelta – anche la peggiore – sarà volta da Dio al bene, a beneficio della Chiesa, per fini superiori e a noi misteriosi.
Interessante, nel suo aggiungere elementi lontani da un approccio teologico, l’impostazione di Andrew Mackenzie, del Dipartimento di Economia della Rutgers University-New Brunswick, Stati Uniti. «Gli elettori [cardinali] dovrebbero essere protetti dalla tentazione di sfidare Dio: pur essendo gli uomini viventi meglio allenati a lasciare che Dio parli attraverso di loro, gli elettori sono solo uomini, e quindi peccatori, e dunque strumenti imperfetti attraverso cui Dio può comunicare. Nello specifico, un elettore è chiamato a nominare la persona che crede che Dio voglia che nomini, e lo Spirito Santo può rivelargli questa persona, eppure l’elettore può affrontare la tentazione di peccare nominandone un’altra. La caratteristica distintiva del conclave, il suo assoluto isolamento, serve a proteggere gli elettori dalle influenze esterne, ma questo non fornisce protezione dai propri pari o da sé stessi» (An axiomatic analysis of the papal conclave, «Economic Theory», n. 69, Springer, 2020, pp. 713–743).
Forse anche con queste tentazioni in mente Giovanni Paolo II, nella costituzione apostolica Universi Dominici gregis (1996 ), invita i fedeli a coadiuvare «con intense preghiere e suppliche al divino Spirito il compito degli elettori, implorando per essi la luce necessaria per fare la loro scelta avendo solamente Dio davanti agli occhi» e conferma che il conclave debba svolgersi nella Cappella Sistina, «ove tutto concorre ad alimentare la consapevolezza della presenza di Dio, al cui cospetto ciascuno dovrà presentarsi un giorno per essere giudicato», perché «agli elettori sia reso più facile preparare l’animo ad accogliere le interiori mozioni dello Spirito Santo».
La Chiesa cattolica non insegna che è lo Spirito Santo a decidere in modo diretto e automatico chi diventa papa. Piuttosto, che lo Spirito guida i cardinali nell’elezione: la scelta richiede un’autentica – e dunque libera – collaborazione umana, che chiama in causa la responsabilità e la santità dei singoli. Del resto, non tutti i papi sono santi: basta chiedere alla storia.
Ma una cosa è certa: tutti noi, insieme al futuro pontefice, possiamo già contare sullo Spirito Santo quale «compagno di strada», come lo definiva Francesco, e tanto ci basti. Anche in conclave. Non è poco, anzi è tutto.
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