La Parola, la Chiesa, il mondo. Commento al Vangelo di rito ambrosiano della Veglia di Pasqua 3 aprile 2021

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Veglia di Pasqua 3 aprile 2021. Anno B. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Paolo Alliata.


Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare la tomba. Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte. L’angelo disse alle donne: “Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”. Ecco, io ve l’ho detto”.
(Mt 28,1-7)

A volte vorrei rifugiarmi, con tutto quel che ho dentro, in un paio di parole. Ma non esistono ancora parole che mi vogliono ospitare. È proprio così. Io sto cercando un tetto che mi ripari, ma dovrò costruirmi una casa, pietra su pietra. E così ognuno cerca una casa, un rifugio per sé. E io mi cerco sempre un paio di parole. A volte mi sembra che ogni parola che viene detta, e ogni gesto che viene fatto, accrescano il grande equivoco. Allora vorrei sprofondare in un gran silenzio e vorrei anche imporre questo silenzio agli altri. Sì, a volte qualunque parola accresce i malintesi su questa terra troppo loquace.
(Etty Hillesum)

Mentre si prepara alla battaglia del suo destino di violenza, Etty va cercando parole accoglienti in cui potersi calare, dove mettere radici per attingerne vigore. “Ma non esistono ancora parole che mi vogliono ospitare”, che mi facciano sentire a casa. La sua ricerca, quindi, continua.

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Gesù aveva lasciato la sala del cenacolo cantando con i discepoli il grande Hallel (i salmi da 113 a 118). Le cui ultime parole sono: “Il suo amore è per sempre”. È il ritornello che apre e chiude l’ultimo di quei salmi. Il suo amore è per sempre.

Gesù esce in quella notte di aprile, attraversa Gerusalemme che ancora freme della celebrazione della Pasqua, varca la porta orientale, scende nell’avallamento del torrente Cedron e risale sull’altro versante, verso un giardino privato, per passare in preghiera tra le radici dei grandi ulivi le ore che ha davanti. E porta con sé quelle parole: Il suo amore è per sempre.

“A volte vorrei rifugiarmi, con tutto quel che ho dentro, in un paio di parole”. Il suo amore è per sempre. E mentre mormora le parole del salmo, le ripete e ci si raccoglie dentro, la notte si fa buia e il cielo più pesante.

Dalla fine della cena in poi, Gesù – raccontano i Vangeli – parla pochissimo. E man mano che le ore scorrono, sempre meno. Davanti al Sinedrio, a Pilato e a Erode non dirà quasi parola. “A volte mi sembra che ogni parola che viene detta, e ogni gesto che viene fatto, accrescano il grande equivoco”, scrive Etty. “Allora vorrei sprofondare in un grande silenzio e vorrei imporre questo silenzio anche agli altri”. Le parole che contano sono quelle in cui ci si raccoglie. Per Gesù sono il nido che lo avvolge come la mano dell’Altissimo: “Il suo amore è per sempre”.

Il processo, la tortura, la crocifissione. “E io mi cerco sempre un paio di parole […] sto cercando un tetto che mi ripari […] una casa, un rifugio”. Il suo amore è per sempre. Il suo amore attraversa tutto, è inarginabile, è la roccia su cui costruisco la mia casa, l’acqua che mi porta via dalle mani di chi picchia su di me. Il suo amore è come queste parole del salmo, che nessuno mi può rapire dal respiro. “Il suo amore è per sempre”. Potete torturarmi a morte, avete il potere di schiantare questo corpo, ma non l’amore che lo abita, perché il suo amore è per sempre.

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Quando ci si raccoglie in parole così umili e vaste, esse diventano semi di inconcepibile potenza. Nuclei fragorosi di Vangelo. Sono come gocce di fuoco liquido che scorre. E il destino del fuoco è di trovare la via del cielo: “Esploderà / non come urlo / bensì come uno sgorgo / di umanità inespressa / del poema / lo zampillo / di purità, / schianterà / la pietra che lo tiene” (Mario Luzi).

La pietra non ha tenuto. Le parole dell’amore sono risorte, trascinando con loro l’uomo che le custodiva.

Dietro l’uomo che le parole dell’Amore hanno salvato, il Signore ci accompagni.

Don Paolo Alliata

Don Paolo Alliata. Nato a Milano nel 1971, dopo la laurea in Lettere classiche all’Università degli Studi di Milano, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Attualmente è vicario della comunità pastorale Paolo VI per la parrocchia di Santa Maria Incoronata a Milano. Autore di testi teatrali sull’Antico e sul Nuovo Testamento, è responsabile dell’Ufficio per l’Apostolato Biblico della Diocesi di Milano. Fra le sue pubblicazioni, Dove Dio respira di nascosto. Tra le pagine dei grandi classici (Milano, Ponte alle Grazie, 2018) e C’era come un fuoco ardente. La forza dei sentimenti tra Vangelo e letteratura (Milano, Ponte alle Grazie, 2019). Da due anni le sue omelie sono raccolte su un canale YouTube.

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