III Domenica di Avvento. Gusto, la prova di un cuoco. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Alessandro Noseda.
✠ Vangelo Gv 5, 33-39
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce. Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me».
Ti sveglierai sull’indaco del mattino
quando la luce ha un piede in terra e l’altro in mare
ti guarderai allo specchio di un tegamino
il cielo si guarderà allo specchio della rugiada.
Fabrizio de Andrè, ‘A Cimma
La canzone inizia così, come una poesia bellissima declamata sul far del mattino.
È cantata in dialetto genovese e quando l’ho ascoltata per la prima volta non avrei mai detto che parlasse di un piatto tipico della cucina ligure. Col senno di poi penso che avrei potuto, tanto era dolce. I piatti prelibati non sono forse una forma d’arte? E l’artista non è mai povero. Nemmeno di senso.
La terza domenica di Avvento del rito ambrosiano ci parla delle “profezie adempiute”. Quando gli avversari di Gesù gli chiedono una dimostrazione del fatto che le promesse di Dio si siano realizzate in lui, il Maestro risponde con la” prova di un cuoco”: «Le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato».
Gesù, in altre parole, invita i dubbiosi ad “assaggiare” le sue opere, perché siano esse a guidarne il giudizio.
Mi è capitato spesso di conversare con dei giovani a proposito della “questione dell’esistenza di Dio” solo per rendermi conto che l’aria che aleggia intorno a dimostrazioni e discorsi astratti è così stantia da rendere superata persino la domanda: oggi un giovane non è tendenzialmente interessato al problema dell’esistenza di Dio.
Questo, però, non vuol dire che non sia molto sensibile davanti alle sue opere.bPer questo le deve sperimentare, le deve “assaggiare”, proprio come hanno fatto Martina e Filippa, le due sorelle del bellissimo libro di Karen Blixen Il pranzo di Babette.
Siamo stavolta alle porte della notte. La cena che Babette ha regalato ai suoi commensali è stata il trionfo dell’amore e della gratuità; grazie ad essa il mondo appare sotto una luce nuova, quella di un luogo in cui “qualsiasi cosa è possibile” e le promesse finalmente si compiono:
Martina e Filippa rimasero a lungo sui gradini di pietra, fuori di casa. Non sentivano il freddo. “Le stelle sono venute più vicine,” disse Filippa.b”Verranno più vicine ogni notte”, disse Martina, serenamente.
Karen Blixen, Il pranzo di Babette
Don Alessandro
Don Alessandro Noseda. Nato a Cantù nel 1974. Dopo gli studi classici e la formazione teologica nel Seminario di Venegono, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Svolge dapprima il suo ministero a Milano come assistente degli Oratori della parrocchia di San Giovanni Battista alla Bicocca e successivamente della parrocchia del Santissimo Redentore. Dal 2007 al 2011 è cappellano presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Attualmente è parroco nella parrocchia di Gesù a Nazaret, Quartiere Adriano.
© Vuoi riprodurre integralmente un articolo? Scrivimi.
Sostieni Caffestoria.it
