V Domenica dopo il martirio di san Giovanni il Precursore. Qualcuno. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Alessandro Noseda.
✠ Vangelo
Lc 10,25-37
L’uomo sogna di volare
E scrive sui muri “Noi siamo tutti uguali…”.
Ma prega nel buio: “la sorte del più debole non tocchi mai a me!”.
Come diventa facile voltarsi e non guardare e
come diventa facile pensare non è colpa mia.
L’uomo sogna di volare, Negrita (L’uomo sogna di volare, 2005)
Quinta domenica dopo il Martirio di san Giovanni il Precursore.
Leggo il brano del “Buon Samaritano” e mi accorgo che rischio di non arrivare alla fine. Perché so già la storia.
Mi fermo e riparto. Con calma, dall’inizio. Vorrei trattare questo passo come “l’inaudito” di cui parla Paolo Scquizzato, e cioè come qualcosa che dovrebbe spiazzarmi. Per farlo, però, devo resettare il sistema. Ripartire da un ascolto serio, come fosse la prima volta.
Allora forse accadrebbe che io, abituato a “sapere già” quello che il dottore della Legge non aveva capito, avrei almeno la grazia di somigliare a lui, che sì, mise alla prova Gesù all’inizio, ma almeno ne uscì provato, e dunque cresciuto.
In cosa? Forse nel capire che la strada per “la Vita” passa proprio laddove non si vorrebbe andare.
La musica ogni tanto viene in mio soccorso, e questa volta mi viene in mente un brano molto bello dei Negrita, composto nei primi anni del 2000, dopo un lungo viaggio della band in America Latina, dove la musica è vissuta – cito – “come urgenza umana primaria”. Il brano si intitola “L’uomo sogna di volare”.
Esatto: di nuovo il tema del volo, da cui sono passato proprio di recente, ma la domanda del dottore della Legge non aleggia forse sulle vette del sublime quando chiede “cosa devo fare per avere la vita eterna?”. Niente di meno. La vita eterna. Ed è un botta e risposta. Il dottore sa già cosa va fatto, o crede di saperlo. E Gesù sembra rispondere: “Se lo sai già perché me lo chiedi? Fallo! Cosa aspetti?”. E qui il dottore si perde. Forse non è solo la domanda quel che vorrebbe giustificare. Forse vuole giustificare la sua stessa vita, imbarazzato che la domanda lo riguardi più di quel che pensava.
E Gesù racconta una storia che ci tira giù al livello di chi ha il sedere per terra e mette davanti alla sorte del più debole, che oggi sei tu e domani potrei essere io.
Gesù riporta il volo del desiderio ad atterrare sull’esistenza, soprattutto quella che non si vorrebbe guardare. Quella da cui si scappa ma per cui si deve passare. Inevitabilmente.
Le parole dei Negrita si fermano volutamente su una sentenza lapidaria che il sacerdote e il levita della parabola sarebbero costretti a sottoscrivere: “Tutto quello che può dire veramente un uomo è non fate come me!”.
E finirebbe lì se non fosse che per fortuna un Buon Samaritano c’è. Uno che sale verso Gerusalemme proprio perché la sorte del più debole non gli fa schifo. Se non ci fosse Lui, e alcuni come Lui, i Negrita avrebbero ragione. Invece no: l’inaudito è che Qualcuno c’è. Dimmi il nome. Te lo chiedo per metterti alla prova.
Don Alessandro
Don Alessandro Noseda. Nato a Cantù nel 1974. Dopo gli studi classici e la formazione teologica nel Seminario di Venegono, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Svolge dapprima il suo ministero a Milano come assistente degli Oratori della parrocchia di San Giovanni Battista alla Bicocca e successivamente della parrocchia del Santissimo Redentore. Dal 2007 al 2011 è cappellano presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Attualmente è parroco nella parrocchia di Gesù a Nazaret, Quartiere Adriano.
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