La Parola, la Chiesa, il mondo. Commento al Vangelo del 21 luglio 2024

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IX Domenica dopo Pentecoste. Vergogna. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Alessandro Noseda.

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✠ Vangelo
Mc 8, 34-38

E voglio il nome di chi si impegna,
a fare i conti con la propria vergogna.

Il mio nome è mai più, Ligabue, Jovanotti, Pelù

IX domenica dopo Pentecoste nel rito ambrosiano. “Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi”.

Decifrare le emozioni e il loro significato è forse oggi molto più importante di un tempo.

Viviamo in un mondo in cui il vaso di Pandora del mondo emozionale è stato finalmente scoperchiato, e anziché essere censurate a priori o bandite con la spunta del sospetto, si cerca finalmente di fare quello che ogni serio percorso di discernimento (anche cristiano) dovrebbe fare: comprendere le emozioni e rileggerle nell’alveo di una storia e di una vita che è la nostra, per capire che cosa presuppongono e cosa determinano.

Il geniale e acclamato film di animazione “Inside Out”, uscito nel 2015, osservava la vita di una ragazzina di 11 anni, dall’interno (inside) e dall’esterno (out) della sua mente, immaginando il mondo interiore come una sorta di stanza dei bottoni governata da cinque emozioni: gioia, disgusto, paura, rabbia, tristezza.

Nel sequel “Inside Out 2”, uscito proprio quest’anno, compaiono nuove emozioni, più complesse ed elaborate delle prime, che caratterizzano e complicano lo scenario della ex-bimba, ormai entrata nel mondo della preadolescenza.

In un’intervista, il regista Kelsey Mann ha spiegato che la “vergogna” era originariamente concepita come un’aggiunta al mix di emozioni rappresentate nel film, ma il personaggio è stato alla fine escluso perché giudicato troppo deprimente, e quindi fonte di disagio per gli spettatori. Già: fare i conti con la vergogna è da sempre la cosa più difficile, pur restando assolutamente necessaria.

Nel libro della Genesi, infatti, lungi dall’essere censurata, la vergogna è una delle emozioni che compaiono per prime, e precisamente al sorgere della colpa, quando Adamo ed Eva sentono per la prima volta il bisogno di coprire la propria nudità.

Ma la vergogna è un’emozione “affidabile”? Mi verrebbe da dire, senza la presunzione di essere scientifico: “Non certo come gioia o tristezza!”.

La regola aurea “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”, presuppone infatti un equilibrio per il quale è possibile – nell’orizzonte di un’umanità integrata – identificare che cosa procuri gioia o dolore a tutti.

Per la vergogna, d’altra parte, non è così, perché essa presuppone la coscienza, il senso di sé e dunque la propria morale; non per nulla, di fronte ad una generazione “adultera e peccatrice”, Gesù implica la possibilità – tutt’altro che remota – che ci si vergogni proprio di Lui e del Vangelo, ovvero della via che conduce alla salvezza. È un “upside-down”, ovvero un sottosopra bello e buono: un ribaltamento del sentire e del giudicare, che contraddistingue una vita quando non è più orientata al suo senso.

“Per cosa provo vergogna?” diventa a questo punto una domanda importante; parimenti, fare i conti con la vergogna non può significare solo una presa d’atto del sentimento, ma deve implicare un’analisi su che cosa la faccia insorgere oppure no. Ricordo i miei nonni, quando, davanti ad una marachella, mi ponevano la domanda giusta: “Ma non hai un po’ di vergogna?”.

Don Alessandro

Don Alessandro Noseda. Nato a Cantù nel 1974. Dopo gli studi classici e la formazione teologica nel Seminario di Venegono, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Svolge dapprima il suo ministero a Milano come assistente degli Oratori della parrocchia di San Giovanni Battista alla Bicocca e successivamente della parrocchia del Santissimo Redentore. Dal 2007 al 2011 è cappellano presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Attualmente è parroco nella parrocchia di Gesù a Nazaret, Quartiere Adriano.

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