Domenica 21 giugno 2020. III Domenica dopo Pentecoste, Anno A. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Paolo Alliata.
✠ In quel tempo. Il Signore Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio» (Gv 3,16-21)
“Nessun uomo ha mai creato o desiderato trasformare una cosa cattiva in una buona, o una cosa brutta in una bella, e d’altra parte nessun uomo potrà mai farlo. Dev’esserci un grano di bontà da amare, un frammento di bellezza da ammirare. La madre lava e agghinda il bambino sporco o trasandato, ma nessuno può chiederle di lavare a agghindare un goblin dal cuore malvagio. Nessuno può uccidere il vitello grasso per Mefistofele. La causa che oggi blocca ogni progresso è il sottile scetticismo con cui si sussurra a un milione di orecchie che le cose non sono abbastanza buone da meritare di essere migliorate. Se il mondo è bello, siamo dei rivoluzionari; se è brutto, siamo per forza dei conservatori” (G. K. Chesterton, L’imputato).
Nella visione che Gesù ha delle cose, il Creatore ama la sua creazione di un amore di tale profondità che questa carica dinamica e appassionata si è fatta uomo in suo Figlio. “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio”. “Le cose prima vanno amate e poi migliorate”, diceva ancora Chesterton. Se non le ami, non ti dai pena per migliorarle.
Perché Dio ha tanto a cuore il mondo? Perché al suo sguardo è tanto bello, e tanto buono. Dio vede la bellezza e la bontà fondamentali di cose e persone. Perché ci si possa spendere davvero ad accompagnare il mondo nei suoi travagli occorre averci trovato dentro “un grano di bontà da amare, un frammento di bellezza da ammirare”.
L’annuncio del Nuovo Testamento, che canta in molti modi che “Dio è amore”, è anche una rivelazione sull’identità profonda delle cose e di noi tutti. Noi siamo essenzialmente buoni. C’è una bellezza profonda di cui il Figlio si impegna ad essere il salvatore. Lo sguardo del Figlio vede il grano da coltivare, molto più che la zizzania da sradicare.
I discepoli siano come il loro maestro. Impegniamoci a cercare e far emergere il buono dai solchi della storia, più che a deplorare il marcio che li sconcia.
Nella grande avventura di amare il mondo per aprirlo a quello Sguardo, il Signore ci accompagni.
Don Paolo Alliata
Don Paolo Alliata. Nato a Milano nel 1971, dopo la laurea in Lettere classiche all’Università degli Studi di Milano, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Attualmente è vicario della comunità pastorale Paolo VI per la parrocchia di Santa Maria Incoronata a Milano. Autore di testi teatrali sull’Antico e sul Nuovo Testamento, è responsabile dell’Ufficio per l’Apostolato Biblico della Diocesi di Milano. Fra le sue pubblicazioni, Dove Dio respira di nascosto. Tra le pagine dei grandi classici (Milano, Ponte alle Grazie, 2018) e C’era come un fuoco ardente. La forza dei sentimenti tra Vangelo e letteratura (Milano, Ponte alle Grazie, 2019). Da due anni le sue omelie sono raccolte su un canale YouTube.
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