Un prato in fiore, una sete grande e bruciante, ma anche ferventi testimoni, “sentinelle del mattino”, portatori di un “chiasso” benefico, forze fresche e generose per il grande compito della nuova evangelizzazione. Sono le immagini utilizzate da Leone XIV e Giovanni Paolo II per riferirsi ai giovani, a 25 anni di distanza.
Siamo di fronte ad un cambio generazionale ā oltre che ecclesiale ā non da poco. Nel 2000, al convergere del Grande Giubileo e della Giornata mondiale della gioventù, Giovanni Paolo II si rivolge alla “Generazione Y” o dei āMillennialsā (1980-1996): con le naturali differenze soggettive e geografiche, alcuni sociologi ne sottolineano lo sviluppo durante la prima diffusione di internet e della tecnologia digitale, l’ambizione personale e professionale (sebbene messa in crisi da forti squilibri occupazionali ed economici), come pure un certo narcisismo e l’attivismo lgbt+.
Un quarto di secolo più tardi, Leone XIV parla alla “Generazione Z”, detta anche dei “Centennials” o āZoomers” (1997-2012): nativi digitali cresciuti nell’era di internet, smartphone (mobile first) e social media, pervasivamente connessi alla tecnologia, che utilizzano ā con differenti gradi di consapevolezza ā in modo naturale e quotidiano; secondo alcuni sociologi, si tratterebbe di giovani alla ricerca di autenticitĆ e trasparenza, post-gender e post-race, con una spiccata sensibilitĆ sociale e ambientale, propensi alla diversitĆ e all’inclusione, feriti dall’esperienza della pandemia e da una conflittualitĆ globale senza soluzione di continuitĆ , con un’esistenza spesso preda della spersonalizzazione e “datificata” come non mai: corpo, azioni, desideri, gusti, relazioni, memorizzati ed elaborati in chiave algoritmica.
Se fragilitĆ e ricchezze dei giovani sono in fondo le medesime da secoli ā Ā«la fragilitĆ di cui ci parlano, infatti, ĆØ parte della meraviglia che siamoĀ», dice papa Prevost ā ĆØ l’ingresso nell’era ipertecnologica che taluni chiamano tecnocene (Giorgio Grossi, Nadim Samman) a fare la differenza. Nel 2000 non se ne trovano accenni nei discorsi di papa WojtyÅa, che evocano piuttosto i Ā«miraggi di una vita facile e comoda, dalla droga e dall’edonismo, per trovarsi poi nelle spire della disperazione, del non senso, della violenzaĀ».
In certa misura il contesto attuale è differente, dominato invece dalle questioni poste dalla rivoluzione digitale, dalle intelligenze artificiali agli influencer (con tanto di Giubileo dedicato), fino agli «algoritmi che ci dicono quello che dobbiamo vedere, quello che dobbiamo pensare, e quali dovrebbero essere i nostri amici. E allora le nostre relazioni diventano confuse, a volte ansiose».
Se sono cambiate alcune delle modalitĆ , non lo ĆØ la logica della dipendenza e del dominio. Ā«Quando lo strumento domina sullāuomo, lāuomo diventa uno strumento: sƬ, strumento di mercato, merce a sua voltaĀ». Nel secolo passato, ancora vivo nella memoria di Giovanni Paolo II al passaggio di millennio, i giovani Ā«venivano convocati in adunate oceaniche per imparare ad odiare, venivano mandati a combattere gli uni contro gli altri. I diversi messianismi secolarizzati, che hanno tentato di sostituire la speranza cristiana, si sono poi rivelati veri e propri inferniĀ».
Oggi sono piuttosto la solitudine, l’alienazione e la polarizzazione dell’effimero ad imprigionare ragazze e ragazzi. Ā«Ogni persona desidera naturalmente questa vita buona, come i polmoni tendono allāaria, ma quanto ĆØ difficile trovarla!Ā», ricorda Leone XIV. Tanti Ā«surrogati inefficaciĀ» della risposta autentica che attende la burning question ā la domanda importante, letteralmente la “domanda bruciante” ā nel cuore di ogni giovane.
Mentre tutt’attorno Ā«di parole […] ne risuonano tanteĀ», la risposta rimane la medesima. Non si tratta di scegliere qualcosa, ma di scegliere qualcuno: sĆ© e Cristo. Ā«Quando scegliamo, in senso forte, decidiamo chi vogliamo diventareĀ», sottolinea Leone XIV. Ā«La domanda di fondo ĆØ “chi”: verso “chi” andare, “chi” seguire, “a chi” affidare la propria vitaĀ», diceva Giovanni Paolo II, anche quando credere, 25 anni fa cosƬ come nel contesto attuale, Ā«comporta una presa di posizione per Lui e non di rado quasi un nuovo martirioĀ». Le tendenze a lungo termine mostrano un netto calo del coinvolgimento e dell’identificazione dei giovani nelle religioni tradizionali in Occidente. Tuttavia, la Chiesa cattolica potrebbe invertire questa tendenza, se ĆØ vero che studi recenti mostrano un crescente interesse tra la “Generazione Z”.
Fra altri 25 anni, al prossimo Anno Santo ordinario del 2050, i giovani che forse si raduneranno all’ombra della croce di Tor Vergata saranno le figlie e i figli dei giovani d’oggi. “Generazione Beta”, li hanno giĆ denominati i ricercatori, prima ancora che nascano. Nessuno può sapere per quali caratteri si distingueranno o quali forme avranno i loro sogni, ma la speranza ĆØ che accanto a loro, in quel Giubileo dei giovani che ancora ha da venire, ci saranno anche genitori e sacerdoti germogliati in questi giorni. Ā«āTu sei la mia vita, Signoreā: ĆØ ciò che un sacerdote e una consacrata pronunciano pieni di gioia e di libertĆ . […] āAccolgo te come mia sposa e come mio sposoā: ĆØ la frase che trasforma lāamore dellāuomo e della donna in segno efficace dellāamore di Dio nel matrimonio. Ecco scelte radicali, scelte piene di significatoĀ», ricorda Leone XIV.
Insieme agli interrogativi sui giovani del futuro, chiediamoci dunque anche chi e in quali modi li accompagneranno. PerchĆ©, con la stessa gioia di Giovanni Paolo II, anche noi possiamo dire: Ā«Un grazie sentito a Dio per il dono della giovinezza […]. Guardo con fiducia a questa nuova umanitĆ che si prepara anche per mezzo vostroĀ».
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Articolo molto bello e suggestivo. Ben documentato. Fortunatamente diverso dai molti – troppi – blablabla di questi giorni agostani.
Grazie, Giulio