Opposizione trasversale al disegno di legge per punire i siti contrari all’aborto e approvazione del Consiglio di Stato al presepe nei luoghi pubblici: due vittorie per i cattolici? Forse, ma su basi pericolose e alla lunga controproducenti.
Sta facendo notizia in queste ore il pronunciamento del Consiglio di Stato francese che ammette l’allestimento del presepe nei luoghi pubblici. A determinate condizioni, almeno, come già anticipato alla fine dello scorso ottobre. Il presepe dovrà, infatti, essere temporaneo, sorgere solo nel quadro di più ampie manifestazioni culturali o di festa e non dovrà essere strumento di proselitismo. Presepi anche in pubblico, dunque. Tutto risolto? Non proprio.
A ben pensare, infatti, che il presepe – che laddove sia “vivente” prende, non a caso, il nome di “sacra rappresentazione” – venga sdoganato soltanto perché derubricato ad evento culturale o, tutt’al più, a tradizione buona solo per il periodo festivo, sembra unire danno e beffa. Il presepe è e rimane una ricostruzione, tradizionale ed artistica finché si vuole, ma rappresentativa di innegabili valori religiosi. Si abbia dunque il coraggio – oltre che il buonsenso – di approvarla o vietarla per motivazioni realistiche. Come a dire: meglio un presepe vietato perché simbolo religioso, che un presepe ammesso soltanto perché privo di significato. Suona massimalista? Forse, ma talvolta la verità lo esige.
Come nel caso della difesa – laicista, ma tutt’altro che sgradita – della libertà di parola sull’interruzione volontaria di gravidanza, che dopo mesi di sordina nelle ultime settimane sta agitando la vita politica e culturale francese. Ragione del contendere un disegno di legge sull’estensione del reato di ostruzione all’aborto che minaccia di colpire con una reprimenda i siti internet pro-life, accusati di disinformare le donne che vorrebbero abortire. L’idea è nata da Laurence Rossignol, ministro francese di famiglie, infanzia e diritti delle donne. Per la verità una legge contro gli attivisti anti-aborto, recante la firma di un’altra donna, Véronique Neiertz, e datata 1993, esiste già e punisce ogni «ostacolo all’aborto volontario» con la carcerazione e multe da 2.000 a 30.000 franchi (circa 4.500 euro).
Una legge che negli anni si è rivelata sostanzialmente inutile, tanto nei confronti degli attivisti “vecchia maniera” che ancora manifestano per le strade il loro dissenso, quanto soprattutto nei confronti dei molti che si sono spostati sulla piazza digitale. Da qui la volontà di colpire la Rete ed in particolare quei siti accusati di contenere «dichiarazioni per indurre intenzionalmente in errore» le donne che stanno pensando all’aborto. Una formulazione che non solo ha provocato la reazione negativa della Chiesa in Francia – nella persona del presidente dei vescovi francesi, mons. Georges Pontier, che nei giorni scorsi ha manifestato ad Hollande «grande preoccupazione» – ma che ha sollevato più di un laico dubbio costituzionale in merito al venir meno della libertà di espressione. Nel complesso, a 42 anni dall’approvazione della legge Veil sull’interruzione volontaria di gravidanza, polemiche che hanno il merito di riportare l’attenzione sull’aborto, almeno in parte rimettendone in discussione l’impianto legislativo a sostegno. La vittoria di una battaglia, quindi, se non della guerra?
Il modo in cui alcuni editorialisti hanno difeso la libertà di espressione lascia in verità perplessi. Si legge, ad esempio, su Le Monde del 3 dicembre scorso che «se si scegliesse questa strada, si potrebbero anche penalizzare i siti che ostacolano il diritto alla salute sostenendo di non vaccinare i bambini o consigliare ai pazienti malati di cancro di scambiare i loro trattamenti con terapie fantasiose. La condizione di “intenzionalmente fuorviante” sembra molto fragile. Se la causa è buona, lo strumento è discutibile o addirittura pericoloso. Nelle mani sbagliate, potrebbe essere estesa ad altri settori della libertà di espressione. Si pone anche la questione dell’urgenza di colpire così duramente. Ai francesi è massicciamente impedito di ricorrere all’aborto da questi siti? Il governo non lo ha dimostrato. Il numero di aborti in Francia è stabile (circa 200mila all’anno, NdR) e gli ostacoli individuati per l’esercizio di questo diritto fondamentale sono più legati all’organizzazione del sistema di assistenza sanitaria, nonostante le importanti misure adottate dal governo in materia».
Anche in questo caso, come più recentemente per il presepe, quindi, l’atteggiamento è di lasciar correre, almeno finché nulla rischia seriamente di cambiare. Un attivismo senza risultati, così come un presepe svuotato di significato: il rischio è che rimanga solo la paglia. Buona forse per le feste, ma non per cambiare le coscienze. Quindi legale.
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