Conversioni. Materia di appelli, certamente, e di inviti alla pace. Ma per il misticismo fatte anche di visioni. Anche quando si tratta della Russia.
«Il mio appello si rivolge innanzitutto al Presidente della Federazione Russa, supplicandolo di fermare, anche per amore del suo popolo, questa spirale di violenza e di morte. D’altra parte, addolorato per l’immane sofferenza della popolazione ucraina a seguito dell’aggressione subita, dirigo un altrettanto fiducioso appello al Presidente dell’Ucraina ad essere aperto a serie proposte di pace». Parole toccanti, quelle pronunciate da papa Francesco in un Angelus atipico, dove l’attualità di una fede grande almeno quanto un granello di senape cede il passo ad orrori che sembrano troppo grandi per essere superati.
Un richiamo alla pace per tutte le parti – ognuna secondo il proprio ruolo, la propria posizione di aggredito oppure di aggressore e la propria responsabilità politica e umana. «A tutti i protagonisti della vita internazionale e ai responsabili politici delle Nazioni chiedo con insistenza di fare tutto quello che è nelle loro possibilità per porre fine alla guerra in corso, senza lasciarsi coinvolgere in pericolose escalation, e per promuovere e sostenere iniziative di dialogo».
Non si tratta che dell’ultimo appello del Santo Padre ad imboccare nuove strade. Finora apparentemente senza successo, se si considera che nelle scorse ore Zelensky ha ratificato una decisione del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale in cui si afferma l’impossibilità di negoziare con Putin e la necessità di rafforzare la capacità militari dell’Ucraina. E che il Cremlino, dal canto suo, ha incrementato la minaccia nucleare e ribadito che «raggiungere la pace in Ucraina è impossibile senza soddisfare le richieste della Russia».
Ma la pace appartiene all’orizzonte della Chiesa. Talvolta secondo vie e forme del tutto particolari.
Una sera al Cremlino
«Ieri sera mi sognai nella Russia. Vidi Stalin seduto, con davanti un tavolino dove scriveva a caratteri grandi queste parole: “Io sono il forte e terribile nemico di Dio” con un brutto viso, che a me fece paura di guardarlo bene. Stalin inviava truppe di soldati per ammazzare le truppe di soldati cattolici; ed io strillavo: “Avanti!”, dicevo ai nostri buoni soldati “Avanti, coraggio!”. E così gridando, mi svegliai. Stalin è proprio brutto; seguace del diavolo. Bisogna pregare anche per lui, perché Gesù soffrì in Croce e sparse il suo Preziosissimo Sangue anche per Stalin». Annota così, al 9 agosto 1941, Edvige Carboni, mistica del Terz’Ordine Francescano, venerata come beata dalla Chiesa cattolica.
Nata a Pozzomaggiore, in provincia di Sassari, il 2 maggio 1880, l’inchiesta diocesana per la causa di beatificazione di Edvige Carboni fu aperta nel 1968. È ben più recente, però, la promulgazione del decreto, autorizzata da papa Francesco nel 2018, che riconosce come inspiegabile la guarigione avvenuta nel 1954 per intercessione di Edvige Carboni di uno spaccapietre che, a causa di un incidente sul lavoro, rischiava di perdere una gamba. Fra i molti particolari suggestivi della vita mistica – e non solo – di Edvige Carboni ci sono anche quelli che richiamano pagine di storia internazionale, tornate oggi di tragica attualità.
Eterno nemico di Dio
In quanto alla Russia, quello sperimentato da Edvige Carboni sarebbe un episodio di bilocazione, vale a dire di simultanea presenza – fisica o meno – di una persona in due luoghi diversi. Particolari dell’esperienza di Edvige sono confermati anche dalle sue due sorelle, Paolina e Vitalia. «La Serva di Dio fu trasportata in estasi a Mosca, due volte», si legge nel libro di padre Fortunato Ciomei, Vita della serva di Dio Edvige Carboni. Una testimonianza cristiana delle virtù evangeliche (Edizioni Sole, 1997). «Entrò al Cremlino, nella stanza di Stalin e lo vide battere i pugni sul tavolo affermando: “Io sono il forte, terribile nemico di Dio”. Anche questo fatto me lo ha raccontato lei stessa (Paolina). Al riguardo Vitalia riferisce: “Mi trovavo in casa di Edvige. Era presente anche Paolina. La vedemmo assorta in preghiera e la sentimmo pronunciare parole di questo genere: Tu devi convertirti. Se vuoi essere eterno nemico di Dio, lo sarai”».
«Quando si riebbe – prosegue il testo –, la sorella le chiese a chi mai dovessero riferirsi quelle parole. Ella rispose di essere stata, in quel breve intervallo di tempo, nella dimora di Stalin a Mosca, d’aver attraversato enormi saloni sotto lo sguardo delle guardie che non la fermarono, e di essere arrivata al cospetto del dittatore. Ai suoi inviti alla conversione, che noi avevamo percepito, egli aveva risposto: “Non mi convertirò mai; voglio essere eterno nemico di Dio”. Così si spiegano le ultime parole pronunciate poi da Edvige”».
Oltre Edvige: Maria Teresa ed Elena
Per inciso, Edvige Carboni non è l’unica mistica ad aver avuto a che fare con Stalin. Alla fine della seconda guerra mondiale, attraverso i regimi comunisti più o meno saldamente controllati dall’Unione Sovietica in Europa Orientale e in Asia si mira a più riprese ad estirpare il Cristianesimo, soprattutto cattolico. Vescovi e sacerdoti, religiosi e religiose, insieme ad un gran numero di laici sono incarcerati ed uccisi, violentemente impediti nella loro vita di fede. Fra i molti mercanti di morte, gli elargitori di speranza sono rari. Fra questi è Maria Teresa Carloni, pedagogista originaria di Urbania, nel Pesarese, che a partire dal 1955 intraprende una serie di rischiosi viaggi nell’Europa dell’Est per soccorrere la Chiesa perseguitata e clandestina che vive da Norimberga a Mosca, da Zagabria a Varsavia. Al ritorno, ne fa un resoconto ai Pontefici, da Pio XII a Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II.
Anche Maria Teresa Carloni sperimenta episodi di intenso misticismo. Tornata alla fede cristiana in età adulta, dopo anni di rapporto complesso con la Chiesa, si affida alla direzione spirituale di padre Cristoforo Campana. È a lui che, all’inizio del marzo 1953, mentre Stalin è in agonia dall’altra parte del mondo, una «voce misteriosa» rivela: «Ora, ti chiederò una cosa, se lo permetti e questa creatura [Maria Teresa Carloni] è d’accordo. Prima che Stalin muoia, voglio dargli la possibilità di essere salvato, come faccio con tutte le anime redente, nonostante i suoi crimini. Se voi due accettate, vi chiedo di offrire queste tre ore per l’anima di Stalin. Ma non allarmarti per le sofferenze che questa creatura subirà».
Maria Teresa accetta e soffre per tre ore tanto terribilmente che padre Campana, che è al suo fianco, ne è duramente prostrato. Ironia della sorte, sembra che Stalin non ne ricavi gran beneficio: un’altra mistica, la beata Elena Aiello, riferirà di aver scorto in una sua visione dell’inferno l’anima di Stalin e un luogo per i suoi seguaci. Geopolitiche dell’Aldilà.
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Complimenti. Adesso sappiamo che il Gott mit uns di Hitler era vero. Hitler e l’alleato italiano che mandava soldati cattolici a morire nella terra dell’alleato di Satana, erano i veri amici di Dio. Pazienza, ce ne faremo una ragione. Siamo già entrati in epoca Meloni.
Gentile Mario,
per farsi un’idea dell’opinione di chi scrive in merito al “Gott mit uns” di Hitler, può leggere questo articolo:
https://www.caffestoria.it/oltre-fidanzate-e-suocere-quando-i-nazisti-dissero-dio-e-con-noi/
Cordialità.
Non ho ragione di dubitare delle sue personali opinioni come della linea di Caffè Storia, che non per niente seguo e di cui mi capita di condividere gli articoli nelle reti sociali. Questo credo spieghi la delusione per aver dato spazio – dandogli un aurea di verità divina – al sogno di una persona, acciecata dalla propaganda del suo tempo, contribuendo cosí a confondere le idee su come vanno le cose nel mondo e ciò a cui siamo chiamati al servizio dell’Evangelo. Senza, nel caso, attribuire agli altri idee che sono le nostre a loro riguardo (“voglio essere nemico eterno di Dio”).
Cordialmente.
Anche Giorgio La Pira, dopo aver scritto a tutte le claustrali del mondo, andò nel 1959 (?) al Cremlino, dove fu ricevuto dal vice-presidente del Presidium del Soviet per discutere sui contributi che anche i cristiani cattolici potevano dare alla “coesistenza pacifica” inaugurata da Krusciov. All’inizio dell’incontro, La Pira disse (purtroppo, non trovo le parole esatte pronunciate!) che era un credente e dunque parlava da un’ipotesi di lavoro non solo religiosa, ma scientifica: “credo nella presenza di Dio nella storia”. La Pira voleva far intendere ai sovietici che la religione è alla base dell’impegno per unire est con ovest. La Pira si recò anche a Kiev.