Intervista a mons. Mario Delpini. L’arcivescovo di Milano consacra il proprio ministero a Fatima nelle campagne milanesi

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Mons. Mario Delpini, da pochi giorni nuovo arcivescovo di Milano, ha presenziato ieri sera ad una celebrazione di devozione mariana nelle campagne dell’hinterland milanese. Con l’occasione – e grazie all’idea di un sacerdote quasi centenario – l’arcivescovo ha consacrato il proprio ministero a Nostra Signora di Fatima.

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Mons. Mario Delpini, santa Messa Fatima a Bisentrate (Pozzuolo Martesana, Milano) Serata di devozione mariana nella bucolica cornice delle campagne milanesi per mons. Mario Delpini. L’antico borgo di Bisentrate, frazione ormai quasi disabitata del comune di Pozzuolo Martesana, 8mila abitanti, ad una ventina di chilometri dal capoluogo lombardo, ha ospitato ieri sera una celebrazione in occasione del centenario delle apparizioni di Fatima. Padroni di casa i Servi del Cuore Immacolato di Maria, custodi di un centro di spiritualità immerso nel verde sulle rive di un vecchio lago di escavazione.

«Ho bisogno di incoraggiamento e preghiera, non sono così spavaldo nell’assumere un incarico così complicato», ha detto ieri sera l’Arcivescovo, al termine della Messa celebrata al riparo di un antico cascinale. Forse anche per questo non gli ci è voluto molto per accogliere la proposta di don Giuseppe Cardani, 96 anni di saggezza sacerdotale e fermezza nella fede, splendidamente portati: consacrare il proprio ministero a Nostra Signora di Fatima.

Per mons. Delpini la visita a Bisentrate è un ritorno. Già vicario episcopale della Zona VI dell’arcidiocesi ambrosiana, è stato proprio l’attuale arcivescovo di Milano ad inaugurare l’Opera della Famiglia del Cuore Immacolato di Maria nel 2009. «A muovermi questa sera è prima di tutto un impegno preso prima di essere nominato arcivescovo», ha spiegato.

Eccellenza, la visita – anzi, il ritorno – ad un piccolo paese della provincia a pochi giorni dal suo insediamento come nuovo arcivescovo di Milano non è scontata. A motivarla è una forte devozione mariana o la volontà di iniziare subito a prendere il polso della diocesi?

Certamente mi interessa incontrare la gente, quindi dove si raduna la gente mi piace esserci. Qui il motivo del raduno è la devozione a Maria, quindi le due cose vanno insieme. È interessante rendersi conto che la devozione alla Madonna è capace di fare della gente un popolo. È qualcosa meritevole dell’osservazione mia, di vescovo, e in generale della Chiesa.

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Un raduno cui fa da sfondo una natura quasi bucolica. Si è parlato molto di una sua presunta passione per la bicicletta…

Non ho nessuna passione per la bicicletta! Semplicemente la uso perché a Milano è il mezzo più rapido per spostarsi. È tutta una fantasia che io sia uno sportivo. Sono solo un impiegato di Curia che per andare in Curia usa la bicicletta.

Parlando ancora di natura, è uno degli argomenti ricorrenti del pontificato di Francesco. Ne condivide la preoccupazione per le sorti del creato?

Soprattutto sono preoccupato del fatto che non ci si preoccupi abbastanza. Mi sembra che l’umanità abbia molte possibilità di rimediare ai mali che si sono combinati, però mi sembra che non ovunque ci sia la consapevolezza della serietà della situazione. Si continua a consumare, a sprecare, ad inquinare pensando che, alla fine, in qualche modo, si risolverà. Credo, invece, che la soluzione stia soltanto nel cambiare il nostro stile di vita.

Nella sua recente visita agli orti di via Padova, però, ha tracciato un confine: evitare il fanatismo.

Questo è evidente. Talvolta c’è il rischio di essere così tanto schierati per l’ideologia da ritenere che l’umanità sia quasi un danno per la natura e, al limite, auspicare che possa esistere un mondo senza l’uomo. Nella visione biblica e cristiana, invece, il mondo è stato creato per l’uomo. Questo non vuol dire che l’uomo ne è il padrone assoluto e che può rovinarlo a suo piacere – questo sarebbe sciocco – ma che il senso della bellezza e il senso della utilità sono finalizzati all’umanità.

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Fortunatamente progresso non significa soltanto cementificazione. Il paese che ha ospitato il raduno di questa sera si appresta a dare alloggio ad un gruppo di giovani migranti. L’accoglienza diffusa è la via giusta, cristiana, per affrontare la questione migratoria?

È un tema complesso che è difficile affrontare in poche battute. L’accoglienza è un dovere, e l’accoglienza diffusa è certamente meglio della concentrazione. Sarebbe, però, importante adottare una prospettiva più intelligente e più realistica per capire che tipo di Europa intendiamo realizzare. Non può essere soltanto un tetto provvisorio per delle persone che rimangono inutili ed inutilizzate, come fossero degli ospiti sgraditi. Accoglierli è sempre meglio che buttarli in mare, ma mi sembra che questo non sia abbastanza.

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