La Parola, la Chiesa, il mondo. Commento al Vangelo di rito ambrosiano del 27 settembre 2020

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Domenica 27 settembre 2020. V Domenica dopo il martirio di san Giovanni il Precursore, Anno A. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Paolo Alliata.

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In quel tempo. I farisei, avendo udito che il Signore Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti» (Mt 22, 34-40).

Mi piacerebbe dire a mia madre ciò che mi serve veramente, sempre la stessa cosa, da quando ho urlato il primo vagito al mondo. Quello che voglio per tanto tempo non è stato semplice da dire, tentavo di spiegarlo con concetti complicati, ho trascorso questi primi vent’anni di vita a studiare le parole migliori per descriverlo. E di parole ne ho usate tante, troppe, poi ho capito che dovevo procedere in senso contrario, così, di giorno in giorno, ho iniziato a sfilarne una, la meno necessaria, superflua. Un poco alla volta o accorciato, potato, fino ad arrivare a una parola sola. Una parola per dire quello che voglio veramente, questa cosa che mi porto dalla nascita, prima della nascita, che mi segue come un’ombra, stesa sempre al mio fianco. Salvezza. Questa parola non la dico a nessuno oltre me. Ma la parola eccola, e con lei il suo significato più grande della morte (Daniele Mencarelli, Tutto chiede salvezza)

Daniele ha vent’anni. Una mattina si sveglia in un ospedale psichiatrico. Gradualmente riemergono i ricordi: la sera prima ha dato di matto con i genitori, che han dovuto chiamare l’ambulanza per un Trattamento Sanitario Obbligatorio. Di tra i fumi della sedazione forzata si fan largo lentamente le faticose percezioni del risveglio. E la sempre lancinante consapevolezza: io chiedo salvezza. Salvezza. Tutto il resto è secondario. C’è salvezza sotto il cielo? Non lo so, ma la chiedo. E per imparare a chiederla ho dovuto mettere a fuoco, con la pazienza dell’artigiano che libera la materia del vissuto dalle parole che non parlano, il nome che la dichiara.

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C’è sovrabbondanza di vissuto nello spazio interiore di noi tutti. Ognuno è straricco di vita, un intreccio indistricabile di singhiozzi di speranza e pulsioni dal profondo. Non tutto ha lo stesso peso, in noi: occorre dare priorità, distribuire carichi di senso, dare nome ai desideri e riconoscerne il valore. Metterli in fila, in ordine di densità. Non puoi andar dietro a tutti: se ci provi sei già ridotto a schiavo. Daniele impara un po’ per volta che non cerca tutto allo stesso modo: ciò che mi serve veramente, sempre la stessa cosa […] salvezza.

Nella massa di precetti che regolano la vita secondo la Torah, c’è da mettere ordine, dare priorità. I rabbini contavano seicentotredici precetti nella Legge. La somma dei giorni dell’anno e del numero di ossa del corpo umano. Il tempo e la carne cantano la gloria del Creatore, e il Suo respiro vuole fecondare ogni umano frammento di vita. Ma i seicentotredici van messi in ordine d’importanza. C’è da cercare un centro, o ti perderai nella selva delle leggi.

“Maestro, nella Legge qual è il grande comandamento?”. I rabbini discutevano su quale fosse il più importante. Qual è quello che dà salvezza, che dischiude una vita buona per tutta la vita e oltre la soglia della morte? Gesù risponde: una parola esprime la Legge di vita. Amore.

Tutto chiede salvezza.
Tutto ha fame d’amore.
Noi siamo fame d’amore.

La Legge vuole accompagnare all’amore. È tutto lì il senso della dimensione religiosa. Un cuore che praticasse anche tutte le leggi della Torah e non vivesse nell’amore, si sarebbe perso nell’oscura boscaglia. La salvezza che va cercando sarebbe ancora lontana.

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Il Signore ci accompagni.

Don Paolo Alliata

Don Paolo Alliata. Nato a Milano nel 1971, dopo la laurea in Lettere classiche all’Università degli Studi di Milano, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Attualmente è vicario della comunità pastorale Paolo VI per la parrocchia di Santa Maria Incoronata a Milano. Autore di testi teatrali sull’Antico e sul Nuovo Testamento, è responsabile dell’Ufficio per l’Apostolato Biblico della Diocesi di Milano. Fra le sue pubblicazioni, Dove Dio respira di nascosto. Tra le pagine dei grandi classici (Milano, Ponte alle Grazie, 2018) e C’era come un fuoco ardente. La forza dei sentimenti tra Vangelo e letteratura (Milano, Ponte alle Grazie, 2019). Da due anni le sue omelie sono raccolte su un canale YouTube.

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