VI Domenica dopo il martirio di san Giovanni il Precursore. Servi no profit. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Alessandro Noseda.
✠ Vangelo Lc 17, 7-10
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sèrvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
“Voglio farti un regalo… Non un comune regalo”
Tiziano Ferro, Il regalo più grande
Non so, forse Gesù aveva voglia di riposarsi quel giorno. Naturale, mi viene da dire, se è vero che in certi periodi lui e i suoi discepoli “non avevano neanche il tempo di mangiare”, e comunque non è nemmeno necessario immaginare troppo, dato che in più occasioni della stanchezza di Gesù si parla apertamente (Mt 8,24 ad esempio, o Gv 4,6).
Ecco, forse Gesù era stanco a causa del tanto lavoro, e allora cosa fa? Dice ai suoi discepoli che quando dovessero pensare di essere in credito nei confronti di Dio per tutto il gran lavoro che hanno fatto, farebbero meglio a pensarsi servi inutili: «Dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
Doccia fredda: inutili. E l’ha detto dettando le parole! Siamo seri? L’unica altra volta in cui Gesù detta le parole da dire a Dio è quando detta il Padre Nostro!
Per noi suona inaudito! È troppo!
Sono andato a guardare il greco: niente da fare. La parola non si presta ad altra traduzione.
Qualcuno dice che si può tradurre “siamo servi senza utile”, ovvero che non hanno o non devono sperare in alcun guadagno. Mi piace. Vedo subito l’assonanza con l’inglese e mi dico: Eureka! Ecco! Proprio così! Siamo servi senza utile! Siamo no-profit! Noi non dobbiamo guadagnarci niente! Gesù voleva proprio dire così.
Poi torno a fissare il vocabolario di greco e un brivido sale su dal fondo della schiena: è forse il riflesso degli anni lontani, in cui stressavo quelle pagine mentre il tempo per finire la versione inesorabilmente si avvicinava?
No. È qualcos’altro. Come una sensazione. Ma ancora mi sfugge, e così rimugino nella mente: no profit. Senza profitto. Siamo senza profitto… Siamo servi no profit… Cos’è che non va?
Per scrupolo apro la “First Communion Bible”, ovvero il Vangelo che i cattolici di lingua inglese leggono a Messa, e trovo “Unprofitable servants”, ovvero “servitori non redditizi”.
E allora lo vedo!
Non siamo noi i servitori che non hanno profitto, ma è Dio ad essere no profit! È Lui che con noi non ci guadagna niente! Non noi!
Se anche facessi tutto quanto è in mio potere per la causa di Dio, tutto per me resta comunque, indiscutibilmente e definitivamente “dono”. Il regalo più grande. Me l’ha fatto Lui, me l’ha fatto Dio.
Don Alessandro
Don Alessandro Noseda. Nato a Cantù nel 1974. Dopo gli studi classici e la formazione teologica nel Seminario di Venegono, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Svolge dapprima il suo ministero a Milano come assistente degli Oratori della parrocchia di San Giovanni Battista alla Bicocca e successivamente della parrocchia del Santissimo Redentore. Dal 2007 al 2011 è cappellano presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Attualmente è parroco nella parrocchia di Gesù a Nazaret, Quartiere Adriano.
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