Domenica 31 ottobre 2021. II Domenica dopo la Dedicazione. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Paolo Alliata.
✠ In quel tempo. Un sabato il Signore Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei. Uno dei commensali gli disse: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!». Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”. Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”. Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili a entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».
(Lc 14, 1a. 15-24)
Tra le case pencolanti, le balconate a traforo marce di polvere, gli anditi fetidi, le pareti calcinate, gli aliti della sozzura annidata in ogni interstizio, sola in mezzo a una via io vidi a Porto Said una figura strana. […] Immerso completamente nel sole, scorsi un uomo, un arabo forse, vestito di una larga palandrana bianca, in testa una specie di cappuccio – o così mi parve – ugualmente bianco. Camminava lentamente in mezzo alla strada, come dondolando, quasi stesse cercando qualcosa, o titubasse, o fosse anche un poco storno. Si andava allontanando tra le buche polverose sempre con quel suo passo d’orso, senza che nessuno gli badasse e l’insieme suo, in quella strada e in quell’ora, pareva concentrare in sé con straordinaria intensità tutto il mondo che lo contornava
(D. Buzzati, Ombra del Sud)
Più e più volte, nei vangeli, troviamo Gesù impegnato ad insistere: c’è un invito che vi è rivolto, una colossale opportunità di grazia, l’inizio di un tempo nuovo. Dio, attraverso di me, è qui per donare un perdono senza condizioni. È come un banchetto cui siete invitati: coglierete l’opportunità, o vi ritrarrete per oscure ragioni?
La cosa gli sta tanto a cuore che tesse interi racconti intorno al tema dell’opportunità da non perdere. Uno dei più noti è quello dell’invito alla grande cena (nella versione parallela di Matteo è addirittura il banchetto per le nozze del figlio del re). Gli inviti sono fatti, la grazia del convivio è pronta, ogni ben di Dio già in tavola. Che cosa farai?
Nei racconti di Dino Buzzati torna spesso la stessa suggestione. Ad esempio in “Ombra del Sud”, di cui è riportato sopra l’inizio. Un misterioso personaggio, un arabo vestito di bianco dall’andatura sghemba, si mostra a intermittenza per le vie di una città orientale in cui il narratore si trova per turismo. In luoghi diversi, anche lontani tra loro, quella presenza ritorna a più riprese.
L’io narrante comprende trattarsi di qualcuno che lo chiama. “L’arabo indecifrabile era là, in cammino verso la sponda della laguna, dove non capivo che cosa potesse cercare. No, egli non cercava nulla, lo sapevo perfettamente. Di carne ed ossa o miraggio, egli era comparso per me, miracolosamente si era spostato da un capo all’altro della città indigena per ritrovarmi e fui consapevole (per una voce che mi parlava dal fondo) di una oscura complicità che mi legava a quell’essere”.
Il racconto prosegue: altre occasioni in cui la sfuggente figura è intravista tra la polvere e la luce abbacinante del deserto, o nei pressi della acque scintillanti del Nilo, sempre di spalle, sempre in cammino verso un altrove. E ogni volta un tuffo al cuore, la percezione di un appello alla decisione di seguirlo, quel messaggero, e la consapevolezza che “il tuo monarca mi aspetta in mezzo al deserto”. Ma sempre di nuovo la desolata constatazione: “la mia anima è deprecabilmente timida […] così sono fatto, purtroppo, e ho davvero paura che il tuo re sprechi il suo tempo ad aspettarmi”.
L’invito al palazzo del gran re, dice Buzzati. L’offerta di un banchetto gratuito, dice Gesù. La vita come un’opportunità da cogliere, il rischio di perderla per strada, di trascurare per viltà o chissà quali oscure ragioni il dono dell’Amore che mi è posto sul sentiero. La vita con Dio è la ricca possibilità che mi è offerta. Non chiede che di essere accolta, e la si accoglie mettendosi in cammino. Risponderò all’invito?
Il Signore ci accompagni.
Don Paolo Alliata
Don Paolo Alliata. Nato a Milano nel 1971, dopo la laurea in Lettere classiche all’Università degli Studi di Milano, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Attualmente è vicario della comunità pastorale Paolo VI per la parrocchia di Santa Maria Incoronata a Milano. Autore di testi teatrali sull’Antico e sul Nuovo Testamento, è responsabile dell’Ufficio per l’Apostolato Biblico della Diocesi di Milano. Fra le sue pubblicazioni, Dove Dio respira di nascosto. Tra le pagine dei grandi classici (Milano, Ponte alle Grazie, 2018) e C’era come un fuoco ardente. La forza dei sentimenti tra Vangelo e letteratura (Milano, Ponte alle Grazie, 2019). Da due anni le sue omelie sono raccolte su un canale YouTube.
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