Domenica 3 luglio 2022. IV Domenica dopo Pentecoste. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Paolo Alliata.
✠ In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
(Mt 5, 21-24)
C’era una volta un eremita così perfetto che aveva già un piede in Paradiso. Viveva di quasi niente in una grotta scavata nei fianchi di una montagna verde dove raccoglieva frutti selvatici, bacche e qualche radice per il pranzo della domenica. «Come posso tentarlo?», si chiedeva continuamente il diavolo. Lo spiava, fiutava le sue impronte, lo esaminava dalla testa ai piedi per trovare il minimo punto debole. Niente. Pestava i piedi, si arrabbiava, imprecava. Finché decise di passare all’attacco diretto. Sì presentò all’eremita, che stava rammollendo un pezzo di pane raffermo nell’acqua della sorgente.
«Salve», gli disse Satana. «Sai chi sono io?».
«Il diavolo», rispose tranquillamente l’eremita.
«Dio mi ha dato il permesso di tentarti. Vorrei che tu commettessi un peccato grave».
«Parla», disse l’eremita. «Ti ascolto».
«Assassina qualcuno».
«No. È fuori discussione».
«Allora assali una donna».
«È una cosa bestiale e disgustosa. Non lo farò mai. Vattene, diavolo. Non hai fantasia».
«Almeno bevi un sorso di vino. Non è neanche un peccato. Accontentami».
L’eremita sospirò: «Va bene. Un sorso non è nulla di male».
Immediatamente gli comparve tra le mani una brocca di vino fresco e frizzante. Ne bevve un sorso. Prese fiato e ne bevve un altro.
«Uhm», disse. «È gradevole». Bevve un altro lungo sorso e disse: «È forte… È diabolico!».
Cominciò a ridere stupidamente. Poi riprese a bere, malfermo sulle ginocchia.
Una ragazzina saliva per il sentiero.
«Buongiorno sant’uomo», disse. «Ti ho portato qualche mela e del pane».
Ululando, con gli occhi annebbiati, l’eremita afferrò la ragazzina per i capelli e la sbatté a terra. La poverina urlò con tutte le sue forze. Suo padre, che lavorava nei campi, la udì e accorse. L’eremita, vedendo arrivare l’uomo, afferrò una grossa pietra e lo colpì con tutte le sue forze.
Quando ritornò in sé, l’eremita vide l’uomo che giaceva ai suoi piedi in un lago di sangue. «Credo che sia morto», disse Satana, con aria virtuosa. Raccolse un fiore e se lo mise in bocca. L’eremita si gettò in ginocchio inorridito: «Signore Dio, che cosa ho fatto?». Il diavolo rispose: «Di tre mali, hai scelto il minore. Questo ti farà passare lunghe giornate in mia compagnia». Fischiettando, con le mani in tasca, si avviò. Dopo qualche passo si fermò, si voltò e come chiamasse un vecchio compagno di strada, disse: «Allora, eremita, vieni?».
(Bruno Ferrero, 365 piccole storie per l’anima)
I rabbini insegnavano che nella vita va innalzata “una siepe attorno alla Torah”, ed elaborarono per questo, nel tempo, una serie di norme ulteriori per impedire di contravvenire alla Legge scritta da Mosè. Gesù pare procedere nella stessa direzione. Se non vuoi versare il sangue dell’altro, comincia con il controllo della tua bocca. Anche le parole feriscono. Se non vigili sulla tua parola, e sullo sguardo da cui scaturisce, ti metterai facilmente sul sentiero che conduce all’omicidio. Magari non lo percorrerai fino in fondo, ma avrai molte occasioni per colpire con il ferro di una lingua acuminata. E comunque sei su una china imprevedibile e scivolosa.
Anche il racconto che riporto sopra è d’accordo. Occorre vigilare. Non ci sono mali innocui. Tanto più in tempi come i nostri, dove la formidabile cassa di risonanza dei social rende le parole uno strumento mai indolore, la nostra responsabilità cresce a dismisura. Il nostro impegno nel discernimento, nella cura del terreno del cuore, da cui il linguaggio fiorisce, è altrettanto vivo?
Nella paziente opera di vigilare su noi stessi, in parole e azioni, il Signore ci accompagni.
Don Paolo Alliata
Don Paolo Alliata. Nato a Milano nel 1971, dopo la laurea in Lettere classiche all’Università degli Studi di Milano, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Attualmente è vicario della comunità pastorale Paolo VI per la parrocchia di Santa Maria Incoronata a Milano. Autore di testi teatrali sull’Antico e sul Nuovo Testamento, è responsabile dell’Ufficio per l’Apostolato Biblico della Diocesi di Milano. Fra le sue pubblicazioni, Dove Dio respira di nascosto. Tra le pagine dei grandi classici (Milano, Ponte alle Grazie, 2018) e C’era come un fuoco ardente. La forza dei sentimenti tra Vangelo e letteratura (Milano, Ponte alle Grazie, 2019). Da due anni le sue omelie sono raccolte su un canale YouTube.
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