Natale del Signore. Solennità. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Alessandro Noseda.
✠ Vangelo Lc 2, 1-14
In quei giorni. Un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
«Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
Il messaggero che pronuncia queste parole è di un bagliore accecante: una luce immensa, totalmente inattesa e quasi incomprensibile, avvolge e sconvolge i pastori, che la contemplano in un groviglio di emozioni che non sapremmo sciogliere.
D’un tratto, però, il mondo torna ad essere quello di sempre: una notte silenziosa, sotto le cui stelle non rimane che l’esiguità di un segno poverissimo che va cercato. Il segno è appunto questo: il bambino avvolto in fasce e deposto nel luogo più povero possibile.
La sproporzione tra la gloria del messaggio e l’esiguità del suo contenuto mi ha sempre colpito. Tuttavia, guardando il presepe (non a caso, pensato dal cuore semplice e concreto di san Francesco), mi sorprende la bellezza del colpo di genio di Dio: mostrarsi come bambino.
Perché è geniale? Perché l’immagine annidata fin dall’inizio nel cuore dell’uomo è quella di un Dio-padrone di cui avere paura. Questa paura è anche il grimaldello della sfiducia attraverso la quale Adamo ed Eva dubitano dell’amore e si scoprono lontani dalla luce che li ha creati.
Così al Dio che si rivela non resta che educare l’uomo a scoprire la vera natura del Creatore, e il culmine di questo progetto educativo lo fa diventare, semplicemente, un bambino: il personaggio del presepe più indifeso, meno pauroso, più bisognoso di cure.
Il coup de théâtre di quel genio assurdo di Dio si chiama Gesù, l’Emmanuele. Buon Natale!
Don Alessandro Noseda
Don Alessandro Noseda. Nato a Cantù nel 1974. Dopo gli studi classici e la formazione teologica nel Seminario di Venegono, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Svolge dapprima il suo ministero a Milano come assistente degli Oratori della parrocchia di San Giovanni Battista alla Bicocca e successivamente della parrocchia del Santissimo Redentore. Dal 2007 al 2011 è cappellano presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Attualmente è parroco nella parrocchia di Gesù a Nazaret, Quartiere Adriano.
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