Domenica 21 marzo 2021. IV Domenica di Quaresima. Domenica di Lazzaro. Anno B. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Paolo Alliata.
✠ In quel tempo. Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!». Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro. Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?». Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare». Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto. Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.
(Gv 11, 1-53)
“[…] In confronto alle nuvole
la vita sembra solida,
pressoché duratura e quasi eterna.
Di fronte alle nuvole
perfino un sasso sembra un fratello
su cui si può contare,
loro invece sono solo cugine lontane e
volubili.
Gli uomini esistano pure, se vogliono,
e poi uno dopo l’altro muoiano,
loro, le nuvole,
non hanno niente a che vedere con questa faccenda molto strana.
Al di sopra di tutta la tua vita
E della mia, ancora incompleta,
sfilano fastose così come già sfilavano.
Non devono insieme a noi morire,
né devono essere viste per fluttuare”.
(W. Szymborska, Nuvole)
Risuona due volte, nella pagina di Giovanni, il rimprovero a Gesù: prima Marta, poi Maria lo incalzano. Tu non c’eri, tu non c’eri! Perché non c’eri? Perché eri lontano? Ti abbiamo mandato a chiamare, e tu non sei venuto.
Non è l’unica volta nei Vangeli in cui si protesta la lontananza di Gesù. I discepoli che lottano con il vento di tempesta, nella barca sul lago di Tiberiade, e Gesù che se ne sta a poppa addormentato. “Maestro, ma non ti importa che moriamo?”. In tutti i tempi si son levate voci di protesta: il lamento della terra al cielo, per il fatto che il cielo è così lontano.
Nella prima parte della sua poesia Wisława Szymborska si pone un problema. Come faccio a descrivere le nuvole? Appena comincio quelle son già cambiate, continua trasformazione in tutta fretta, mai uguali a se stesse, volubili e inconsistenti per natura.
Le nuvole sono l’immagine delle realtà celesti, sono “come cugine lontane e volubili”, “non hanno niente a che vedere con questa nostra faccenda molto strana” di nascere, vivere, morire sotto il cielo. Non muoiono insieme a noi, loro fluttuano ed esistono a prescindere da noi, e mentre il cielo è leggero e indifferente, la nostra pesantezza ci trascina a fondo.
E Marta e Maria che si avvicinano a Gesù, gli dicono: Tu sei come le nuvole, sei inaffidabile. T’abbiamo mandato a chiamare, non sei venuto; t’abbiamo chiesto di intervenire, il tuo amore, la tua amicizia è come una cugina lontana. Volubile sei e inconsistente. Un sasso è più affidabile, è “un fratello su cui si può contare”, ma tu no. Ci hai lasciate sole a fronteggiare l’agonia di Lazzaro.
Siamo tutti impegnati, nel duro tirocinio della vita, a imparare che la nostra è una esistenza di trasformazione. Il nostro sentiero è ritmato dai tempi del cambiamento. E cominciamo a vivere un po’ più pienamente se accettiamo che il cambiamento va accompagnato, e non contrastato o trattenuto. Non è vero che il sasso ci è più fratello. In confronto alle nuvole la nostra vita “sembra solida”, ma lo sembra solamente. In realtà siamo più simili a loro, che senza sosta si trasformano.
E in tutti i passi di trasformazione, in tutti i tempi del processo, il Signore della vita è affidabile. Impegnato ad accompagnare il cambiamento. È il grande annuncio cristiano dell’Incarnazione: “questa faccenda molto strana” della vita che cresce e si sviluppa, e attraversa i tempi del vigore e dell’avvilimento, e affannosamente se ne va in cerca di nutrimento e nuovi spazi, il Signore della vita la conosce dal di dentro, la affronta e la patisce con il piglio dell’avventuriero innamorato della grande impresa di vivere.
Quando Marta e Maria mandano a chiamare Gesù, lui non si muove per due giorni. Che cos’è questa distanza, questa reticenza a partire? Il modo di fare di una “cugina lontana e volubile”, indifferente alla strana faccenda del morire? Quella distanza, spiega Gesù ai suoi, è una preparazione. Io, da qui, così, accompagno il morire di Lazzaro, perché in quel morire si prepara la fioritura sua e vostra: “io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate”. Sono presente a Lazzaro anche da lontano. Lo aiuto a varcar la soglia della morte, e lo aiuto a varcar la soglia del ritorno in vita, e così racconto al mondo che io ci sono anche quando appaio lontano. Non mi si può sentire sempre al fianco, perché io sono come le nuvole: la mia presenza assume mille forme, non ha mai la consistenza del sasso, si esprime invece nella creatività dell’amore, che trova il modo di rendersi vicino anche quando lo si giudica lontano.
La distanza di Gesù è una forma della sua presenza, e la sua assenza una preparazione di qualcosa.
L’avventura di esser vivi è impegnativa. Il Signore ci accompagni.
Don Paolo Alliata
Don Paolo Alliata. Nato a Milano nel 1971, dopo la laurea in Lettere classiche all’Università degli Studi di Milano, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Attualmente è vicario della comunità pastorale Paolo VI per la parrocchia di Santa Maria Incoronata a Milano. Autore di testi teatrali sull’Antico e sul Nuovo Testamento, è responsabile dell’Ufficio per l’Apostolato Biblico della Diocesi di Milano. Fra le sue pubblicazioni, Dove Dio respira di nascosto. Tra le pagine dei grandi classici (Milano, Ponte alle Grazie, 2018) e C’era come un fuoco ardente. La forza dei sentimenti tra Vangelo e letteratura (Milano, Ponte alle Grazie, 2019). Da due anni le sue omelie sono raccolte su un canale YouTube.
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