Domenica 10 aprile 2022. Domenica delle Palme. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Paolo Alliata.
✠ In quel tempo. La grande folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele!». Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto: «Non temere, figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, seduto su un puledro d’asina». I suoi discepoli sul momento non compresero queste cose; ma, quando Gesù fu glorificato, si ricordarono che di lui erano state scritte queste cose e che a lui essi le avevano fatte.
(Gv 12, 12-16)
Diverse persone mi hanno chiesto perché dico che non credo in Dio. Ecco la mia risposta. […] A me non piacciono quelli che mi spiegano che il mondo l’ha creato Dio, perché penso che non lo sappia nessuno di noi da dove viene il mondo; penso che chi dice di saperlo si illude; preferisco guardare in faccia il mistero, sentirne l’emozione tremenda, piuttosto che cercare di spegnerla con delle favole. A me non piacciono coloro che credono in Dio e così sanno dove sta la Verità, perché penso che in realtà siano ignoranti quanto me. Penso che il mondo è per noi ancora uno sterminato mistero. A me non piacciono quelli che conoscono le risposte. Mi piacciono di più quelli che le risposte le cercano, e dicono “non so”. […] Mi piace parlare agli amici, provare a consolarli se soffrono. Mi piace parlare alle piante, dare loro da bere se hanno sete. Mi piace amare. Mi piace guardare il cielo in silenzio. Mi piacciono le stelle. Mi piacciono infinitamente le stelle. Non mi piace chi si rifugia nelle braccia di una religione quando è sperso, quando soffre; preferisco chi accetta il vento della vita, e sa che gli uccelli dell’aria hanno il loro nido ma il figlio dell’uomo non ha dove posare il suo capo. E siccome vorrei essere simile alle persone che mi piacciono, e non a quelli che non mi piacciono, non credo in Dio.
(C. Rovelli, Ci sono luoghi al mondo dove più che le regole è importante la gentilezza)
Il Vangelo di Giovanni racconta che, più che di un ingresso di Gesù in Gerusalemme, quel giorno si trattò di una uscita della “grande folla che era venuta per la festa” di Pasqua: una fuoruscita di gente verso il rabbino di Galilea che si avvicina, acclamandolo per di più come “il re d’Israele”. E, racconta sempre l’evangelista nei versetti successivi a quelli che leggiamo oggi, Gesù è accompagnato incontro a questa folla che esce, da un’altra piccola folla: “La folla, che era stata con lui quando chiamò Lazzaro fuori dal sepolcro e lo risuscitò dai morti, gli dava testimonianza. Anche per questo la folla gli era andata incontro, perché aveva udito che egli aveva compiuto questo segno” (Gv 12,17-18).
Nel vangelo di Giovanni la restituzione della vita a Lazzaro è il settimo “segno”, il settimo fatto potente e sorprendente che vuole raccontare del Padre dei Cieli e vuole aprire i cuori alla sua Presenza. I segni sono, nel quarto vangelo, sempre portatori di varie possibilità: li si può negare (i farisei non credono che il cieco che Gesù ha guarito fosse stato davvero cieco); li si può idolatrare (Gesù rimprovera la gente che, dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, lo va a cercare per farlo re: “Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati” Gv 6,26); li si può accogliere come un pertugio verso l’incontro con il Dio vivente e il mistero del Figlio di Dio, l’inviato del Padre. Quest’ultimo è il modo giusto, nella prospettiva di Gesù, di stare in relazione con i segni che egli compie.
La folla che esce incontro a Gesù è rimasta abbagliata dal segno, che le è stato raccontato, della ritorno alla vita di Lazzaro. Non aderisce a Gesù per il fatto che è Gesù, il Figlio del Padre, ma perché si aggrappa a un fatto prodigioso, senza andare oltre. È già qualcosa, ma non basta. Gesù invita più volte i suoi, nel quarto vangelo, a fidarsi della sua parola, e non solo dei segni che fa, che possono anche solo abbagliarli. La fede è un modo di leggere il segno e di varcare altre soglie, fino alla relazione personale con il Signore.
Nella sua bella pagina, di cui ho potuto riportare solo uno stralcio ma che merita di essere letta per intero, Carlo Rovelli, fisico di chiara fama ed eccezionale divulgatore, racconta i motivi della sua chiusura alla fede. Quando l’ho letta sono rimasto ammirato, oltre che incuriosito: perché, nella mia povera fede, trovo in quello che Rovelli scrive molti dei motivi per cui io credo.
In fin dei conti è del tutto sensato che sia così. La creazione tutta è un grande segno, e come tale non si impone. Di fronte a questo segno le possibilità di interazione sono diverse. Posso avventarmi sulla creazione e brutalizzarla, posso galleggiarci dentro disattento, posso accoglierla con meraviglia e una forma di gratitudine ed esplorarla nell’avventura di conoscere, posso accoglierla come una parola che mi racconta del Mistero che ama consegnarsi.
A questo Mistero io do il nome di Dio, e con Dio cerco una relazione personale, sapendo che ogni mia immagine di Lui e della mia relazione con Lui è quasi offensiva per la sua inadeguatezza (ma è quel che ho a disposizione, non ho altro). E però accolgo dall’acume di chi non crede in Dio il monito di non pensare di aver risolto in una sillaba (“DIO”) il Mistero del Dio vivente.
Il grande Darwin concludeva una delle sue lettere, in cui cercava di spiegare all’amico Asa Gray le ragioni del suo agnosticismo, sintetizzando così: “Per il resto, ognuno creda e speri quello che può”. Lo trovo meraviglioso.
Esistere è davvero una grande avventura. Esploriamo il Mistero. Il Signore ci accompagni.
Don Paolo Alliata
Don Paolo Alliata. Nato a Milano nel 1971, dopo la laurea in Lettere classiche all’Università degli Studi di Milano, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Attualmente è vicario della comunità pastorale Paolo VI per la parrocchia di Santa Maria Incoronata a Milano. Autore di testi teatrali sull’Antico e sul Nuovo Testamento, è responsabile dell’Ufficio per l’Apostolato Biblico della Diocesi di Milano. Fra le sue pubblicazioni, Dove Dio respira di nascosto. Tra le pagine dei grandi classici (Milano, Ponte alle Grazie, 2018) e C’era come un fuoco ardente. La forza dei sentimenti tra Vangelo e letteratura (Milano, Ponte alle Grazie, 2019). Da due anni le sue omelie sono raccolte su un canale YouTube.
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