Domenica 29 marzo 2020. V Domenica di Quaresima, Anno A. Domenica di Lazzaro. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Paolo Alliata.
In quel tempo. Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!». Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro. Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?». Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare». Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto. Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo. (Gv 11, 1-53).
«Comprendere che le cose sono vuote non consiste nel vuotare il mondo e la nostra esistenza della loro ricchezza, bensì, al contrario, nel rivelarli in tutto il loro splendore» (Trinh Xuan Thuan, La pienezza del vuoto).
Quando sentì che [Lazzaro] era malato, [Gesù] rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Gesù viene precipitosamente avvisato da Marta e Maria della grave precarietà di salute del fratello Lazzaro. Gli chiedono di venire il prima possibile. Gesù resiste. Si trova a due giorni di cammino. Due giorni, per chi è sulla soglia della morte, sono un tempo lunghissimo. C’è un vuoto, una distanza dall’amico Lazzaro, che Gesù decide di non colmare, ritardando la sua partenza per Betania. Il racconto ci immerge anzitutto in un vuoto lasciato spalancato.
Che cosa c’è in quel vuoto non riempito? La pienezza del vuoto è il titolo di un bel libro dell’astronomo vietnamita Trinh Xuan Thuan. La tesi fondamentale del libro è che il vuoto fisico è pieno di energia, è fecondo: aperto allo sviluppo, alla complessità, alla fioritura della materia. Fin dall’origine dello spazio-tempo il vuoto è un unico campo di poderosa energia primordiale, che evolve e si sviluppa in varietà e complessità fino ad oggi. Ed anche oggi, continuamente, dal fondo di ogni cosa, il vuoto vuole respirare di pienezza: gli atomi sono fatti, nella stragrande parte della loro struttura, di vuoto attraversato da energia. Il vuoto è creativo. Vuole essere vitale e fecondo. Il vuoto vuole esprimere la sua pienezza, riposa nell’impegnativo travaglio di dar vita a ciò che ancora non può dire “eccomi”.
Gesù non riempie quel vuoto di passi. Lascia spalancata la distanza da Lazzaro. E io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate. Quello spazio lasciato aperto dal Maestro è in realtà pieno di energia vitale. Lo attraversano i passi di Marta, che gli va incontro frenetica, e i rimproveri in successione delle due sorelle (Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto). Vibrano in quello sbadiglio di triste lontananza anche la fiducia delle sorelle e i singhiozzi di Gesù. C’è tanta energia nel vuoto lasciato aperto da Gesù, ed è tutta vita che freme e cerca il suo sentiero verso la pienezza.
Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?. Credere, dice Gesù, permette di stare nel vuoto e di vedervi la Vita all’opera. Dio vuole cantare la gloria dell’amore, che vibra ed affiora dal silenzioso respiro delle cose, e per farlo ha bisogno di spazio. Di vuoto.
Quando una persona che amiamo entra nel tempo della morte, quando si addormenta, dice Gesù, si spalanca in noi l’orrido spazio vuoto della nostalgia. Non c’è niente che pesi quanto un cuore vuoto, dice il Talmud, e un cuore in cui la nostalgia si è seduta è una casa in cui il vuoto ha addormentato la vita. Che cosa fa, Dio, quando la vita in noi si è dolorosamente addormentata nella nostalgia?
Quel vuoto è pieno di vita, che sta cercando la sua via verso il pieno respiro.
Dal carcere nazista in cui è rinchiuso, Bonhoeffer scrive una pagina memorabile a questo riguardo: «Non c’è nulla che possa sostituire l’assenza di una persona a noi cara. Non c’è alcun tentativo da fare, bisogna semplicemente tenere duro e sopportare. […] È falso dire che Dio riempie il vuoto; niente affatto, ma lo tiene espressamente aperto, aiutandoci in tal modo a conservare la nostra antica reciproca comunione, sia pure nel dolore. Ma la gratitudine trasforma il tormento del ricordo in una gioia silenziosa. […] Allora sì che dal passato emanano una gioia e una forza durevoli» (Dietrich Bonhoeffer, Resistenza e resa).
Il Dio della vita ci insegni a riconoscere e ad accogliere la vitalità e la fecondità del vuoto che lascia aperto in noi.
Il Signore ci accompagni.
Don Paolo Alliata
Don Paolo Alliata. Nato a Milano nel 1971, dopo la laurea in Lettere classiche all’Università degli Studi di Milano, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Attualmente è vicario della comunità pastorale Paolo VI per la parrocchia di Santa Maria Incoronata a Milano. Autore di testi teatrali sull’Antico e sul Nuovo Testamento, è responsabile dell’Ufficio per l’Apostolato Biblico della Diocesi di Milano. Fra le sue pubblicazioni, Dove Dio respira di nascosto. Tra le pagine dei grandi classici (Milano, Ponte alle Grazie, 2018) e C’era come un fuoco ardente. La forza dei sentimenti tra Vangelo e letteratura (Milano, Ponte alle Grazie, 2019). Da due anni le sue omelie sono raccolte su un canale YouTube.
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