Domenica 20 marzo 2022. IV domenica di Quaresima. Domenica del cieco. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Paolo Alliata.
✠ In quel tempo. Passando, il Signore Gesù vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!». Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!».
(Gv 9,1-38b)
– Di notte, – sentenziava un Vecchio Proverbio, – tutti i gatti sono bigi.- E io son nero, – disse un gatto nero attraversando la strada.- È impossibile: i Vecchi Proverbi hanno sempre ragione. – Ma io sono nero lo stesso, – ripeté il gatto. Per la sorpresa e per l’amarezza il Vecchio Proverbio cadde dal tetto e si ruppe una gamba. Un altro Vecchio Proverbio andò a vedere una partita di calcio, prese da parte un giocatore e gli sussurrò nell’orecchio: – Chi fa da sé fa per tre! Il calciatore si provò a giocare al pallone da solo, ma era una noia da morire e non poteva vincere mai, perciò fece ritorno in squadra. Il Vecchio Proverbio, per il disappunto, si ammalò e dovettero levargli le tonsille. Una volta tre Vecchi Proverbi si incontrarono e avevano appena aperto bocca che cominciarono a litigare: – Chi bene incomincia è a metà dell’opera, – disse il primo. – Niente affatto, – disse il secondo, – la virtù sta nel mezzo. – Gravissimo errore, – esclamò il terzo, – il dolce è in fondo. Si presero per i capelli e sono ancora là che se le danno.
Poi c’è la storia di quel Vecchio Proverbio che aveva voglia di una pera, e si mise sotto l’albero, e intanto pensava: «Quando la pera è matura casca da sé». Ma la pera cascò soltanto quando fu marcia fradicia, e si spiaccicò sulla zucca del Vecchio Proverbio, che per il dispiacere diede le dimissioni.
(G. Rodari, Vecchi proverbi)
Nella pagina di Giovanni, i Giudei (le autorità del tempio) sono come i Vecchi Proverbi nel racconto del grande Rodari: hanno quel po’ di esperienza, ma cristallizzata nella presuntuosissima pretesa che i confini di quel che sanno abbraccino tutto lo scibile del mondo. Così che, quello che non entra nel recinto del loro schema, deve essere impossibile per forza.
“Di notte tutti i gatti son bigi”. Ma il gatto nero, che è nero pure di notte, passa di lì e sbeffeggia: dì pure quel che vuoi, resta il fatto che io son nero.
“Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato”. Ma Gesù passa di lì e sbeffeggia: per quanto pretendiate di dar giudizi, io do la vista a chi è cieco e vuol vedere, e lo faccio in giorno di sabato perché il sabato è fatto per dar vita. Il fatto che il vostro schema religioso non contempli un Messia che viene giù dalla Galilea (i Giudei ne hanno dibattuto in modo acceso poco prima) non mi impedisce di essere qui, come un dato di fatto, al di fuori di quel che ne pensate. E se la vostra lettura così ristretta e irrigidita del sabato pretende di esaurirne il senso, questo non mi impedisce di essere il Figlio dell’Uomo (“Tu lo hai visto: è colui che parla con te”), che è Signore anche del sabato.
Nella grande avventura di lasciare che la realtà ci sorprenda sempre di nuovo, di scoprire e riscoprire quanto sia ridicola la nostra pretesa di avere tutto chiaro, tanto più al cospetto del mistero del Dio vivente e del suo modo di essere Signore nel mondo, il Signore ci accompagni.
Don Paolo Alliata
Don Paolo Alliata. Nato a Milano nel 1971, dopo la laurea in Lettere classiche all’Università degli Studi di Milano, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Attualmente è vicario della comunità pastorale Paolo VI per la parrocchia di Santa Maria Incoronata a Milano. Autore di testi teatrali sull’Antico e sul Nuovo Testamento, è responsabile dell’Ufficio per l’Apostolato Biblico della Diocesi di Milano. Fra le sue pubblicazioni, Dove Dio respira di nascosto. Tra le pagine dei grandi classici (Milano, Ponte alle Grazie, 2018) e C’era come un fuoco ardente. La forza dei sentimenti tra Vangelo e letteratura (Milano, Ponte alle Grazie, 2019). Da due anni le sue omelie sono raccolte su un canale YouTube.
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