Esaltazione della Santa Croce. Festa del Signore. Così tenace che risorge. Commento al Vangelo del rito ambrosiano, di don Alessandro Noseda.
✠ Vangelo
Gv 3, 13-17
Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte,
perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere.
Atti 2,24
Esaltazione della Santa Croce. Rito ambrosiano.
Già la parola “esaltazione” (che indica “l’attribuzione di pregi eccezionali”) accostata alla croce è un ossimoro. Ma se accostiamo la parola “esaltazione” alla missione di Gesù, ovvero quella che non mira a “condannare” ma a “salvare” il mondo, la croce dovrebbe essere decisamente fuori posto, perché con la salvezza non c’entra proprio nulla; semmai l’opposto.
Al tempo della Roma imperiale, la croce è infatti il simbolo dell’esaltazione della condanna: se vuoi esporre un uomo alla vergogna per stigmatizzare il suo comportamento ed enfatizzarne la sconfitta, mettilo a morire soffocato, dopo averlo inchiodato, completamente nudo, a una trave di legno.
Non è possibile, umanamente parlando, trasformare la croce da mezzo di condanna a strumento di salvezza senza operare una grottesca mistificazione.
E, invece, non c’è nulla di grottesco nel crocifisso.
I presenti – narrano i Vangeli – o scuotevano la testa, oppure coglievano qualcosa di paradossale nel nazareno crocifisso; quel qualcosa di paradossale è un’intenzione di salvezza che risuona, come una nota di fondo, anche davanti al male più grande che si possa subire.
Se l’immagine del crocifisso dovesse avere una colonna sonora, forse le parole sarebbero queste, ripetute come un mantra che non smette neanche quando il Nazareno ha esalato l’ultimo respiro: “Non sono venuto per condannare ma per salvare”.
È il manifesto di un’ostinazione dell’amore che, umanamente, è inconcepibile, e che dunque qualcuno riconosce come divina (il racconto del centurione); una perseveranza più forte della vergogna, più irreversibile della morte. Un’intenzione così tenace di vita, che risorge.
Nasce così, l’esaltazione.
L’esaltazione della croce.
Don Alessandro
Don Alessandro Noseda. Nato a Cantù nel 1974. Dopo gli studi classici e la formazione teologica nel Seminario di Venegono, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Svolge dapprima il suo ministero a Milano come assistente degli Oratori della parrocchia di San Giovanni Battista alla Bicocca e successivamente della parrocchia del Santissimo Redentore. Dal 2007 al 2011 è cappellano presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Attualmente è parroco nella parrocchia di Gesù a Nazaret, Quartiere Adriano.
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