Domenica del perdono. Ultima dopo l’Epifania. Case o vetrine?. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Alessandro Noseda.
✠ Vangelo Lc 18, 9-14
Il Signore Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
Nel rito ambrosiano siamo all’ultima domenica dopo l’Epifania: Domenica del perdono.
Ho abitato per anni a due passi da corso Buenos Aires, a Milano. Pare che fosse una delle strade con la massima concentrazione di vetrine al mondo.
Tra le due vite che Dio si trova davanti nella parabola di Gesù, quella del fariseo potrebbe essere paragonata ad una vetrina perfetta: c’è tutto quello che ci deve essere, abbondante e con stile. Il fariseo nei precetti riesce a strafare, collocandosi per zelo in cima alla lista degli osservanti. La sua vita si rivolge a Dio e trasmette lo stesso messaggio di una vetrina: “Preferiscimi. Dunque sceglimi… E quindi, comprami! ”.
Il pubblicano invece, dal fondo del tempio, sembra il lato B di quelle case americane; quello che non si affaccia sulla strada, ma rimane nascosto: inguardabile.
Che cosa farà Dio? Chi sceglierà? La sentenza di Gesù è chiara: sarà l’impresentabile pubblicano a tornare a casa giustificato, a differenza dell’altro. La ragione che Gesù adduce è che chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato. Questo perché parlava ad alcuni che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri.
Può essere, però, che nonostante la spiegazione, il comportamento di Dio ci sfugga ancora. Perché non sembra apprezzare gli sforzi di perfezione del fariseo? Per via della superbia? Può essere, ma da tutte le parole evangeliche con cui Gesù racconta Dio, emerge pian piano molto di più, e il discorso si allarga, mostrandoci in che senso la postura di chi cerca di farsi preferire da Dio per ciò che la sua vita esibisce è radicalmente sbagliata.
Il fatto è che Dio non ci compra. Dio ci ama!
Non ci chiama più servi, ma amici. Non passeggia davanti alle nostre vetrine, ma entra nella nostra casa per cenare insieme a noi.
La santità, di conseguenza, non è la premessa all’amore di Dio, ma la sua conseguenza: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. Quel che invece il fariseo non vede è proprio la presenza degli altri, primo dono di Dio, premessa e luogo in cui si realizza ogni cammino di perfezione.
Don Alessandro
Don Alessandro Noseda. Nato a Cantù nel 1974. Dopo gli studi classici e la formazione teologica nel Seminario di Venegono, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Svolge dapprima il suo ministero a Milano come assistente degli Oratori della parrocchia di San Giovanni Battista alla Bicocca e successivamente della parrocchia del Santissimo Redentore. Dal 2007 al 2011 è cappellano presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Attualmente è parroco nella parrocchia di Gesù a Nazaret, Quartiere Adriano.
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