La Parola, la Chiesa, il mondo. Commento al Vangelo del 17 novembre 2024

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I Domenica di Avvento. La venuta del Signore. La cura. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Alessandro Noseda.

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✠ Vangelo
Lc 21, 5-28

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza.
Ti salverò da tutte le malattie…
Io sì che avrò cura di te.

Battiato (La cura, L’imboscata, 1996)

Rito ambrosiano, già la prima domenica di Avvento.

Niente da fare: la liturgia ci porta ogni anno lì, a quella passeggiata nel portico del tempio. Come una macchina del tempo rotta, o un ponte di Einstein-Rosen, i piani dello spazio-tempo si intersecano mentre ritorna quella scena: di quel giorno preciso in cui Gesù distoglie i discepoli dall’incantesimo delle belle pietre del tempio, proiettandoli in uno strano futuro che a loro doveva sembrare distopico e che invece per noi è in parte passato e comunque eternamente ricorrente: guerre, rivoluzioni, sconvolgimenti. Sono i prodromi della fine, il “prima” delle cose che “dovranno accadere”, nella falcata immensa della storia che tutti abbraccia.

Una volta, con un gruppo scout, proprio all’inizio del tempo di Avvento, ho montato un video con le immagini di una paurosa alluvione documentata dal cellulare di una ragazza, e la bellissima canzone di Franco Battiato dal titolo “La cura”, che in un’intervista a Radio Deejay, l’autore descrive così: “Quando l’ho scritta, nella mia testa era una canzone d’amore senza mai usare la parola amore e nello stesso tempo senza avere un ritorno. Qualcosa per qualcun altro e basta. Un amore incondizionato, vero, quello che dà e basta”.

Le parole della canzone si mischiavano all’audio delle grida disperate della ragazza che con voce strozzata, dalla finestra, implorava una signora di allontanarsi dalla strada che si stava trasformando in un fiume: “Vada via di lì! È pericoloso! È pericoloso!”. E intanto, sottotraccia la canzone: “Ti solleverò da tutte le tue malattie… perché sei un essere speciale… Io sì che avrò cura di te…”.

L’effetto fu dirompente: era come mettersi davanti all’amore e alla morte, alla cura e alla tragedia insieme… ma sapevamo che non era una favola, bensì la realtà della vita, quella che lascia senza parole.

Eppure, a tale riguardo, il Vangelo di oggi ci dice due cose.

Primo: che di ciò che accade, nulla viene da Dio se non “parola e sapienza” che egli dona ai suoi.

E secondo: che nella contraddizione più grande possiamo risollevarci e alzare il capo “perché la nostra liberazione è vicina!”.

In queste due promesse sta l’amore che Dio manifesta nella storia, anche nell’ora più dolorosa.

Che il Signore ci doni di credere al suo amore, sempre!

Don Alessandro

Don Alessandro Noseda. Nato a Cantù nel 1974. Dopo gli studi classici e la formazione teologica nel Seminario di Venegono, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Svolge dapprima il suo ministero a Milano come assistente degli Oratori della parrocchia di San Giovanni Battista alla Bicocca e successivamente della parrocchia del Santissimo Redentore. Dal 2007 al 2011 è cappellano presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Attualmente è parroco nella parrocchia di Gesù a Nazaret, Quartiere Adriano.

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