La Parola, la Chiesa, il mondo. Commento al Vangelo di rito ambrosiano 28 agosto 2022

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Domenica 28 agosto 2022. Domenica che precede il Martirio di san Giovanni il Precursore. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Paolo Alliata.


In quel tempo. I discepoli si avvicinarono al Signore Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me. Chi invece scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che vengano scandali, ma guai all’uomo a causa del quale viene lo scandalo! Se la tua mano o il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, anziché con due mani o due piedi essere gettato nel fuoco eterno. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna del fuoco. Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli».
(Mt 18, 1-10)

“Un potente sovrano viaggiava nel deserto seguito da una lunga carovana che trasportava il suo favoloso tesoro d’oro e pietre preziose. A metà del cammino, sfinito dall’infuocato riverbero della sabbia, un cammello della carovana crollò boccheggiante e non si rialzò più. Il forziere che trasportava rotolò per i fianchi della duna, si sfasciò e sparse tutto il suo contenuto, perle e pietre preziose, nella sabbia. Il principe non voleva rallentare la marcia, anche perché non aveva altri forzieri e i cammelli erano già sovraccarichi. Con un gesto tra il dispiaciuto e il generoso, invitò i suoi paggi e i suoi scudieri a tenersi le pietre preziose che riuscivano a raccogliere e portare con sé. Mentre i giovani si buttavano avidamente sul ricco bottino e frugavano affannosamente nella sabbia, il principe continuò il suo viaggio nel deserto. Si accorse però che qualcuno continuava a camminare dietro di lui. Si voltò e vide che era uno dei suoi paggi, che lo seguiva ansimante e sudato. «E tu», gli chiese il principe, «non ti sei fermato a raccogliere niente?». Il giovane diede una risposta piena di dignità e di fierezza: «Io seguo il mio re».
(B. Ferrero)

Matteo pare raccogliere in questa pagina alcuni detti di Gesù. Possiamo tranquillamente immaginare che il Maestro li abbia offerti al suo uditorio più volte e in diverse occasioni. L’evangelista sceglie di radunarli qui, in uno dei cinque grandi discorsi che strutturano l’insegnamento di Gesù nel primo vangelo, il cosiddetto “discorso ecclesiastico”.

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I vari detti si intrecciano a tessere una visione delle cose. C’è una forte tensione tra ciò che è “grande” e ciò che è “piccolo”. Alla domanda dei discepoli (“Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?”) il Maestro risponde con il linguaggio del paradosso: se vuoi essere grande, sii piccolo. Se vuoi accogliere il Messia di Israele, il grande per eccellenza, accogli il piccolo suo discepolo, accogli il bambino, il mezz’uomo, il non adulto (che, nella Palestina del primo secolo, è guardato con un certo fastidio).

Se vuoi entrare nel Regno, fatti piccolino, lascia andare l’ingombro. “Se non diventerete come i bambini, non entrerete”: l’immagine suggerisce un passaggio stretto, la “porta stretta” che altrove Gesù racconta esplicitamente. Chi vuol venirmi dietro lasci scivolare a terra il “di più” che lo impaccia. Accetti anzitutto le spogliazioni della vita, colga l’occasione che si apre quando le circostanze si fanno avverse.

Come nel racconto della carovana al seguito del potente. La circostanza sfortunata del tracollo del cammello sfinito, dello sfasciame che disperde ricchezze nella sabbia. L’occasione di allungare le mani sullo sfavillio di ricchezza. “Io seguo il mio re”. Il mio corpo va dietro al mio cuore, e il mio cuore si è sgravato degli orpelli per camminare leggero dietro a colui al quale appartengo.

Ciò che trattiene dallo star dietro al re è, nel linguaggio dei vangeli, “scandalo”, “pietra di inciampo”, qualcosa che si mette di mezzo e fa singhiozzare il passo. “Se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, cavalo”: nel suo linguaggio paradossale, con accento che diventa perfino violento, Gesù ribadisce che solo Dio è Dio, e tutto il resto è relativo. Entrare nel Regno, questo solo conta: entrare nel Regno, cioè nel modo di stare al mondo che lui, Gesù, incarna ed insegna. Chi vuole imparare ha solo da stargli dietro. “Io seguo il mio re”.

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Il Signore ci accompagni.

Don Paolo Alliata

Don Paolo Alliata. Nato a Milano nel 1971, dopo la laurea in Lettere classiche all’Università degli Studi di Milano, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Attualmente è vicario della comunità pastorale Paolo VI per la parrocchia di Santa Maria Incoronata a Milano. Autore di testi teatrali sull’Antico e sul Nuovo Testamento, è responsabile dell’Ufficio per l’Apostolato Biblico della Diocesi di Milano. Fra le sue pubblicazioni, Dove Dio respira di nascosto. Tra le pagine dei grandi classici (Milano, Ponte alle Grazie, 2018) e C’era come un fuoco ardente. La forza dei sentimenti tra Vangelo e letteratura (Milano, Ponte alle Grazie, 2019). Da due anni le sue omelie sono raccolte su un canale YouTube.

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