La Parola, la Chiesa, il mondo. Commento al Vangelo di rito ambrosiano 12 giugno 2022

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Domenica 12 giugno 2022. Santissima Trinità. Solennità. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Paolo Alliata.


In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». Gli disse Giuda, non l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?». Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
(Gv 14, 21-26)

I nostri maestri — benedetta sia la loro memoria — si chiedono perché nella Scrittura Israele sia paragonato ad una colomba. E rispondono con questa parabola. Quando Dio creò la colomba, questa tornò dal Creatore lamentandosi: “Signore dell’universo, c’è un gatto che mi insegue continuamente e vuole uccidermi, e io sono costretta a correre tutto il giorno con le mie zampette così piccole”. Allora il Creatore ebbe pietà della colomba e le diede due ali. Ma, poco dopo, la colomba tornò a presentarsi, piangendo, davanti al Creatore: “Signore dell’universo, il gatto continua ad inseguirmi ed ora, con queste pesanti ali addosso, mi riesce ancora più difficile sfuggirgli con queste zampette corte e deboli”. Il Creatore sorrise e le disse: “Non ti ho dato le ali perché tu le porti, ma perché esse portino te”.
(Dalla tradizione rabbinica)

I rabbini si chiedono: perché mai Israele è paragonato, nella Scrittura, alla colomba? E rispondono con la parabola che ho sopra riportato. Si tratta di una saggia constatazione: accade che il dono della Torah, che il Signore offre al suo popolo per farlo volare alto, finisca per essere avvertito dai figli di Israele come un peso. Da vigore per il volo, la Parola scivola così, nella percezione dell’uomo religioso, a motivo di impaccio e di fatica.

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Quello che Israele racconta della Torah, nell’immagine della colomba, vale per il dono dello Spirito. È, nel Nuovo Testamento, dai Vangeli a Paolo, il dono per eccellenza che Dio riversa nei cuori dei figli e delle figlie di Adamo. “Lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”: vi metterà in condizione di vivere dal di dentro la comunione con me e con il Padre mio.

Allora l’intimità con il Padre, il Figlio e lo Spirito incendia il cuore e il respiro della creatura, dilata il suo orizzonte di vita, la nutre della forza e della mitezza che l’inconcepibile Signore della vita infonde al fondo di ogni cosa.

Siamo al mondo per volare alto. In questo il Dio trinitario è impegnato. Vuole fare di noi avventurieri coraggiosi, esploratori di possibilità. Che cosa ho fatto delle ali dello Spirito?

Il Signore ci accompagni.

Don Paolo Alliata

Don Paolo Alliata. Nato a Milano nel 1971, dopo la laurea in Lettere classiche all’Università degli Studi di Milano, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Attualmente è vicario della comunità pastorale Paolo VI per la parrocchia di Santa Maria Incoronata a Milano. Autore di testi teatrali sull’Antico e sul Nuovo Testamento, è responsabile dell’Ufficio per l’Apostolato Biblico della Diocesi di Milano. Fra le sue pubblicazioni, Dove Dio respira di nascosto. Tra le pagine dei grandi classici (Milano, Ponte alle Grazie, 2018) e C’era come un fuoco ardente. La forza dei sentimenti tra Vangelo e letteratura (Milano, Ponte alle Grazie, 2019). Da due anni le sue omelie sono raccolte su un canale YouTube.

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Nell’immagine: Banksy, Colomba. Murales su un muro che separa i territori palestinesi da Israele, a Betlemme (West Bank, Cisgiordania).

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