IV Domenica di Pasqua. Consumatori. Pastori e mercenari. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Alessandro Noseda.
✠ Vangelo Gv 10, 11-18
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai farisei: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
(Siamo) consumatori insaziabili (…) continuamente cercati, inseguiti e sedotti dalle merci.
Luigino Bruni
Il discorso del buon pastore comincia subito dopo che il cieco nato ha fatto la sua professione di fede davanti all’uomo che gli ha ridato la vista: “Io credo Signore!”. Questi parte, mentre Gesù resta con gli altri: quelli che la strada non la vedono ancora e dicono “noi vediamo!”.
“Io sono il pastore buono”, dice loro Gesù: uno, dunque, che dà la vita per le pecore, non un mercenario. Mercenario è una parola che mi ricorda eserciti lontani (forse non così tanto, di questi tempi), fatti di gente che combatte per il soldo, sacrificando al profitto la vita degli altri e mettendo a repentaglio la propria.
Tutto sembra così distante dalla mia esperienza quotidiana. Se non fosse per il fatto che c’è un minimo comune denominatore abbastanza imbarazzante tra me e loro: anche io (come tutti noi) sono oggi chiamato “consumatore”, e ogni consumatore vive della stessa realtà che definisce il mercenario in quanto tale: quella della merce.
Uniti dalla ferrea legge per cui nessuno fa niente per niente, mercenario e consumatore sono anche entrambi in fuga da un lupo che instancabilmente li insegue. Come dice il libro dei Salmi, infatti, le merci che danno l’illusione di allontanare la morte non potranno in realtà pagare mai l’immortalità:
Troppo caro sarebbe il riscatto di una vita:
non sarà mai sufficiente
per vivere senza fine
e non vedere la fossa.
(Salmo 49)
Il buon pastore annuncia qualcosa di inaudito: non il potere di fare qualcosa per niente, ma quello di compiere tutto per qualcuno. Così la vita, che sembra perduta, per grazia, ritorna.
È su questa strada che Gesù vuole condurre le sue pecore, nate cieche, ma amorevolmente condotte alla luce.
Don Alessandro
Don Alessandro Noseda. Nato a Cantù nel 1974. Dopo gli studi classici e la formazione teologica nel Seminario di Venegono, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Svolge dapprima il suo ministero a Milano come assistente degli Oratori della parrocchia di San Giovanni Battista alla Bicocca e successivamente della parrocchia del Santissimo Redentore. Dal 2007 al 2011 è cappellano presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Attualmente è parroco nella parrocchia di Gesù a Nazaret, Quartiere Adriano.
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