La Parola, la Chiesa, il mondo. Commento al Vangelo 20 luglio 2025

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VI Domenica dopo Pentecoste. È compiuto. Commento al Vangelo del rito ambrosiano, di don Alessandro Noseda.

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✠ Vangelo

Gv 19, 30-35

Voglio trovare un senso a questa vita
anche se questa vita un senso non ce l’ha
Sai cosa penso? Che anche se non ha un senso
domani arriverà lo stesso.

Vasco Rossi, Un senso, Buoni o cattivi (2004)

Sesta domenica dopo Pentecoste, rito ambrosiano. Il racconto della morte di Gesù secondo Giovanni arriva come una doccia fredda in questo caldo d’estate. La liturgia ambrosiana sceglie un brano che pare fuori stagione, ma che in realtà è sempre adeguato, dato che vi si racconta il momento cruciale in cui Gesù chiude il sipario sulla sua vita terrena rendendo al Padre il suo spirito.

Le sue ultime parole colpiscono come un’onda gigante che ti sbatte per terra riportandoti sulla riva delle scelte e delle decisioni di ogni giorno, scelte che Gesù ha fatto per dare senso compiuto alla sua esistenza.

Che rapporto abbiamo invece, noi, con il significato complessivo della nostra esistenza?

In una canzone molto bella di inizio millennio, Vasco, con le parole di Saverio Grandi, esprime la malinconia di una vita che va avanti anche quando non se ne trova un senso: “Domani arriverà lo stesso” – dice il testo – anche se questa vita “un senso non ce l’ha”.

Quello che mi colpisce dell’ultima parola di Gesù, “È compiuto”, sta invece proprio in questa rilevanza assoluta che Gesù sa dare al “senso” della sua esistenza terrena.

Gesù dice, insomma, che in vita e in morte un senso c’è eccome, ma è necessario che sia libertà a compierlo.

Il Maestro non “trova” un senso, quasi fosse il risultato di una ricerca esteriore o asettica, ma “dà” un senso alla sua esistenza per il fatto che se la gioca. E se la gioca al punto da rinunciare al futuro perché la offre e fa calare il sipario, privandosi di un domani che per lui “(non) arriverà lo stesso” .

Si potrebbe obiettare che la vita di Gesù abbia avuto un senso obbligato, e che “doveva” finire così, ma questa osservazione – per altro contraddetta da ampie riflessioni teologiche nel corso dei secoli – non coglie il punto, e cioè che una strada per “compiere” la parabola della libertà, e cioè per darle un pieno significato c’è, e questa strada la indica Dio e l’ha testimoniata Gesù, il suo Figlio venuto nel mondo.

C’è silenzio quando Gesù china il capo e muore. Un soldato, per constatare il decesso, colpirà il fianco del crocifisso con la punta di una lancia. Il costato si aprirà e ne usciranno sangue e acqua: da una vita compiuta, che si è donata fino in fondo con il proprio sangue, scorre acqua, nasce altra vita. Se così non fosse, che senso avrebbe?

Don Alessandro

Don Alessandro Noseda. Nato a Cantù nel 1974. Dopo gli studi classici e la formazione teologica nel Seminario di Venegono, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Svolge dapprima il suo ministero a Milano come assistente degli Oratori della parrocchia di San Giovanni Battista alla Bicocca e successivamente della parrocchia del Santissimo Redentore. Dal 2007 al 2011 è cappellano presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Attualmente è parroco nella parrocchia di Gesù a Nazaret, Quartiere Adriano.

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