II Domenica dopo l’Epifania. Ricette segrete. Come non svelare il segreto dell’Artista? Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Alessandro Noseda.
✠ Vangelo Gv 2, 1-11
In quel tempo. Vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
La “ricetta segreta” è un leitmotiv tutt’altro che infrequente non solo nella storia dell’umanità, ma anche – un po’ più in piccolo – nell’esperienza di ciascuno di noi. Sono certo che è capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di segnarsi una ricetta speciale, o di recuperarla per qualcuno che abbiamo poi pregato di cucinare per noi.
Anche nella vicenda delle nozze di Cana, che la liturgia ambrosiana ci propone in questa seconda domenica dopo l’Epifania, c’è una “ricetta” svelata, ed è la ricetta della gioia e della pienezza di vita. Gesù trasforma l’acqua destinata alla purificazione rituale in un vino squisito, ed è proprio questo vino ad assicurare che il banchetto si compia.
Ciò che più mi affascina di questo episodio è proprio la contrapposizione di “segreto” e “manifestazione” che l’evangelista non manca di sottolineare quando il vino straordinario viene assaggiato dal maestro di tavola: chi dirigeva il banchetto infatti “non sa” da dove provenga questo vino e disturba lo sposo per complimentarsi con lui, ma – si precisa – da dove provenisse quel vino “lo sapevano i servi”. Chi sono questi servi, se non i pazienti e diligenti operai che hanno seguito passo dopo passo la ricetta del Maestro?
Penso a tutte le volte in cui, improvvisamente, uomini e donne di ogni tempo si sono trovati davanti a una gioia piena, senza nemmeno sapere da dove potesse provenire, e sono disposto a scommettere che sempre essa sia derivata da processi che avevano a che vedere con lo stile di Gesù, con la creatività dello Spirito, con la totalità del Suo amore.
Penso che a tanti uomini e donne del nostro tempo, queste “ricette segrete” rimangano nascoste, e mai sarebbero in grado – forse – di decifrare la provenienza del vino buono che hanno assaggiato. Ma ci sono alcuni che hanno avuto la grazia di accompagnare Gesù nella laboriosa preparazione di questa ricetta straordinaria. Essi sono “i servi” e sanno precisamente che cosa sia accaduto! Essi sopraggiungono e pian piano il mistero comincia a trapelare, come per contagio, e altri ancora vengono finalmente a conoscere il segreto dell’Artista.
Don Alessandro Noseda
Don Alessandro Noseda. Nato a Cantù nel 1974. Dopo gli studi classici e la formazione teologica nel Seminario di Venegono, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Svolge dapprima il suo ministero a Milano come assistente degli Oratori della parrocchia di San Giovanni Battista alla Bicocca e successivamente della parrocchia del Santissimo Redentore. Dal 2007 al 2011 è cappellano presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Attualmente è parroco nella parrocchia di Gesù a Nazaret, Quartiere Adriano.
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