Tutto è chiaroscuro. Anche Dostoevskij, l’anticattolico

Leggi in 10 minuti

Fëdor Dostoevskij, senza dubbio un grande interprete della cultura russa, e in certa misura di un “umanesimo maturo”. Ma forse per questo anticattolico (e antigesuita)? Consapevole «che in sogno accadono cose del tutto incomprensibili». E non solo in sogno.


Il fronte occidentale ucraino è caldo. A Kiev si mette ufficialmente in dubbio la «credibilità» di papa Francesco come mediatore, onda lunga di posizioni a più riprese giudicate «filorusse». Ultima, in ordine di tempo, la scintilla dello skandal di Pietro e Caterina.

C’è chi ha parlato di «discorso distruttivo», chi di dichiarazioni e gesti «dolorosi e difficili per il popolo ucraino», chi invece di un tentativo di «incoraggiare i giovani a conservare e a promuovere quanto di positivo c’è nella grande eredità culturale e spirituale russa», chi – strumentalmente – di una conoscenza «molto positiva» della storia russa. E chi – e in questo caso è il Papa stesso – ammette parole «forse non felici».

Pietro, Caterina e le maiuscole

I fatti in breve, per chi se li fosse persi. Lo scorso 25 agosto, intervenendo in videocollegamento con 400 ragazzi e ragazze riuniti a San Pietroburgo per la Giornata della gioventù russa, papa Francesco, dopo la lettura del discorso preparato in anticipo, ha aggiunto a braccio un appello a fare memoria: «Non dimenticatevi dell’eredità. Voi siete eredi della grande Russia: la grande Russia dei santi, dei re, la grande Russia di Pietro il Grande, Caterina II, quell’impero russo grande, colto, di tanta cultura, di tanta umanità. Non rinunciate mai a questa eredità. Voi siete gli eredi della grande Madre Russia, andate avanti. E grazie. Grazie per il vostro modo di essere, per il vostro modo di essere russi».

Un invito a volare più in alto rispetto a guerre e ideologie che sembrano gettare un’ombra dalla quale è difficile liberarsi (anche al tempo degli zar Pietro e Caterina). Un invito che però non sfugge all’insidia imperialista della “Grande Russia”, la Russkij Mir dalle iniziali e dal passato maiuscoli, la pax romana in chiave russa che si pretenderebbe di imporre al vasto universo russofono in obbedienza all'”anima” comune di un grande popolo da “riunire”. È questo misto di nazionalismo, revanche imperiale e rimandi religiosi uno dei concetti che più spesso tornano nei discorsi di Vladimir Putin. Ne parla, fra le altre, Elena Kostioukovitch nel suo Nella mente di Vladimir Putin (La nave di Teseo, 2022).

Leggi anche:  Germania, terra di missione. Ma quale? Una riflessione “straniera”

Scuola e lettere minuscole

Dei toni delle dure reazioni alla postilla di Francesco, soprattutto in campo ucraino, si è detto in apertura. Tanto che, sul volo di ritorno da Ulaanbaatar, papa Francesco è stato chiamato a tornare sulla questione. «Forse non è stato felice, ma parlando della grande Russia (come già in precedenza, con la “g” rigorosamente minuscola, nella trascrizione ufficiale, ndr) nel senso non tanto geografico, ma culturale, mi è venuto in mente quello che ci hanno insegnato nella scuola: Pietro I, Caterina II», spiega il Papa. «Forse non è proprio giusto, non so, che ce lo dicano gli storici, ma è stata un’aggiunta che mi è venuta in mente perché l’avevo studiato a scuola».

Che le intenzioni di papa Francesco, nel contesto di un «dialogo con i giovani russi», fossero ben lungi dall’offrire una sponda a qualsivoglia imperialismo è evidente a chi abbia un minimo di buon senso. Almeno tanto quanto è però evidente il ritorno, insidioso ed insistente, di quell’immagine di «Chiesa incidentata» quando questa si muove, comunicativamente parlando, a braccio. Anche perché – a voler giudicare solo a ferite scoperte o con malcelata malizia – il materiale per la polemica rischia di essere inesauribile.

Dostoevskij anticattolico (e antigesuita)

«L’eredità russa è molto buona, è molto bella. Pensa nel campo delle lettere, nel campo della musica, fino ad arrivare a un Dostoevskij che oggi ci parla di umanesimo maturo». Così papa Francesco, sul medesimo volo dalla Mongolia.

Chi scrive trova che la letteratura russa sia tra le più affascinanti al mondo. E che una parte del suo fascino stia nelle sue contraddizioni e in quelle della Russia che respira dentro le sue pagine. Perché si tratta dei chiaroscuri del mondo intero, forse solo più evidenti fra i ponti di San Pietroburgo e gli estremi margini di Vladivostok.

Prendiamo Fëdor Dostoevskij, appunto: condannato, isolato, malato e vedovo, piegato dal gioco d’azzardo e dalla bancarotta, ferito dalla morte di un fratello e del figlio più giovane, mantiene tuttavia la fede, anche nell’uomo. Un cammino personale che lo conduce dall’essere un presunto rivoluzionario, punito con la pena di morte e i lavori forzati, al diventare sostenitore del cristianesimo e della Chiesa.

Con il rischio di un’eccessiva semplificazione, si può dire che ben prima della rivoluzione bolscevica Dostoevskij aderisca ad una propria versione del “vero socialismo”, il socialismo russo, basato sulla fede ortodossa. Un socialismo cristiano, o un cristianesimo socialista, fondato su tratti morali e nazionali. Solo uno sviluppo che sia in accordo con la religione può condurre alla soluzione delle contraddizioni sociali: da qui, l’idea che la vera giustizia sociale sia realizzabile soltanto nella forma della Chiesa. Beninteso: di una Chiesa ortodossa e russa.

Perché per Dostoevskij «il cattolicesimo è, nonostante tutto, una fede non cristiana», come scrive nell’Idiota. Una curiosità: in quel punto del romanzo si sta parlando di uomo che «ad un tratto abbandona il servizio e tutto il resto per convertirsi al cattolicesimo e diventare gesuita, e così apertamente, con entusiasmo. È stato meglio che sia morto… sì, così dissero tutti…».

Leggi anche:  Fratelli, tutti. Fratellanza umana, fratelli ebrei

Chiesa ortodossa e potere temporale di Roma

Con buona pace dell’ecumenismo, Dostoevskij oppone l’ideale spirituale e sociale russo all’istituzione ecclesiastica occidentale. «Non è la Chiesa a trasformarsi in Stato, cercate di capire questo», fa dire Dostoevskij a padre Paisij nel quinto capitolo dei Fratelli Karamazov. «Questo è il caso di Roma e del suo sogno. Questa è la terza tentazione del demonio! Al contrario, è lo Stato a trasformarsi nella Chiesa, ad assurgere al rango della Chiesa e diventare Chiesa su tutta la terra, il che è completamente agli antipodi dell’ultramontanismo, di Roma e della vostra interpretazione, ed è soltanto il grande destino fissato per la Chiesa ortodossa sulla terra. Questa stella sorgerà ad Oriente». Non una Chiesa divenuta Stato, dunque, ma uno Stato che si eleva a Chiesa.

Contemporaneo di papa Pio IX e del Risorgimento in Italia, nella seconda metà dell’Ottocento Dostoevskij si rivela un interessato osservatore della “questione romana”, da lui intesa soprattutto come il tentativo dei pontefici di conservare il proprio potere temporale. L’ennesima stoccata alla Chiesa di Roma, Dostoevskij la affida al Grande Inquisitore, giungendo a romanzare il patto stretto dal cattolicesimo nientemeno che con il diavolo, in cambio del potere.

Se il cattolicesimo, esemplificato dallo Stato Pontificio, diviene, come scriverà Dostoevskij, «l’unità forzata dell’uomo», retaggio di «un’idea risalente all’antica Roma», l’unica universalità ammessa appartiene alla Russia: la cultura cristiana coincide con la cultura russa e il popolo cristiano con il popolo russo.

Chiaroscuri e sfumature

Ma come – potrebbe chiedersi qualcuno – il Papa cita a modello di cultura un fervente anticattolico? Difficile negarlo, ma riduttivo. Potremmo domandarci, con Pasolini: cos’è la cultura di una nazione? A ben guardare la storia di un popolo – di ogni popolo – la si scoprirebbe infatti lacerata da pulsioni contraddittorie e insanabili, incamminata lungo una strada che di frequente rifiuta gli unici punti di riferimento solidi verso cui orientare le proprie scelte, anche morali. Pressoché impossibile – oltre che pericoloso – giudicarla alla luce del presente.

Leggi anche:  Dignitas e frociaggine

E in verità c’è molto di più nel complesso rapporto di Dostoevskij con la Chiesa di Roma, come riconosce anche Elizabeth Blake, autrice di Dostoevsky and the Catholic Underground (Northwestern University Press, 2014). E viceversa.

Basti dire che negli anni di Dostoevskij e in quelli successivi, la Chiesa cattolica non sembra particolarmente ferita dai giudizi sferzanti dello scrittore russo, derubricati a stereotipi piuttosto comuni nella cristianità orientale, frutto di una visione incolpevolmente limitata e distorta del cattolicesimo, per giunta venata di perdonabili passioni nazionalistiche. Al contrario, il mondo cattolico, anche grazie alla lettura che di Dostoevskij dà Romano Guardini, è affascinato dalla visione dell’umanità che abita i romanzi di Dostoevskij, contesa tra il bene e il male, peccatrice e bisognosa della grazia divina.

Ben nota a Bergoglio è l’opera di Guardini, fin dai tempi del Collegio di San Miguel, a Buenos Aires. Non a caso, forse, il riferimento a Dostoevskij al rientro dalla Mongolia non è che l’ultimo di una lunga serie. Iniziata già all’indomani dell’inizio del nuovo pontificato, quando Dostoevskij fa la sua comparsa nell’enciclica Lumen fidei (n. 16). E ancora nel 2016, quando Francesco ammette che «Dostoevskij mi ha aiutato tanto nella predicazione» (Nei tuoi occhi è la mia parola, Rizzoli, 2016).

Anche in riferimento all’«aggressione armata» all’Ucraina, il Papa cita di nuovo uno dei romanzi più celebri dello scrittore russo, I fratelli Karamazov, e in particolare il passo della Leggenda del Grande Inquisitore, nel quale Gesù torna sulla terra e viene mandato al rogo dalle autorità ecclesiastiche. E non manca chi vede nel cammino di vescovo e popolo e nella Chiesa di Roma che presiede nella carità tutte le Chiese, per come sono ricordati da Francesco subito dopo l’elezione a pontefice, un’assonanza con l’umanesimo cristiano e la Chiesa come comunità che furono di Dostoevskij. Anche allora, forse un’altra ispirazione. Di certo un’altra polemica.

Restiamo in contatto

Iscriviti alla newsletter per aggiornamenti sui nuovi contenuti

© La riproduzione integrale degli articoli richiede il consenso scritto dell'autore.

Sostieni Caffestoria.it


Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Skip to content