Tutte le preghiere alle convention. Fra Democratici e Repubblicani i cattolici (non) godono

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In anticipo sul menu, ad oltre due mesi dalle elezioni negli Stati Uniti, la campagna elettorale sembra già arrivata alla frutta. Con Joe Biden e Donald Trump che si fanno la guerra a colpi di cattolici.

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Chiusure e aperture. Per una volta, non quelle – più ipotetiche che reali – attribuite al Papa, ma chiusure e aperture politiche. Il 20 agosto scorso la chiusura della convention democratica del candidato presidente Joe Biden, con le preghiere di padre James Martin s.j. e di suor Simone Campbell. Ieri, 24 agosto, l’apertura della convention repubblicana del presidente in carica Donald Trump, con la preghiera del card. Timothy Dolan. Differenze? Qualcuna.

Suor Simone Campbell, che si era detta «con le lacrime agli occhi» dopo l’invito dei Democratici, ha esordito con un breve discorso di presentazione. «Buonasera. Sono suor Simone Campbell, direttrice esecutiva di “Network” e leader di “Nuns on the Bus”». Le due organizzazioni sono riconducibili all’attivismo di “Leadership Conference of Women Religious”, organizzazione femminile di ispirazione cattolica che unisce religiose di diversi ordini. Si tratta di vecchie conoscenze: dal 2009 al 2012 la LCWR è stata oggetto di un’indagine della Congregazione per la dottrina della fede a causa delle posizioni lontane dall’ortodossia cattolica professate in tema di ordinazione sacerdotale di donne, aborto e omosessualità. Nella Dichiarazione circa la Valutazione dottrinale della LCWR del 18 aprile 2012 anche per il gruppo “Network”, oggi guidato da suor Campbell, si auspica una profonda revisione. Che, nei fatti, non è mai giunta. Anche “Nuns on the Bus” (letteralmente, “Suore in pullman”), iniziativa itinerante di sensibilizzazione sui temi sociali della LCWR, è stata definita dal New York Times una «vivace replica al Vaticano».

La preghiera – il discorso – di suor Simone Campbell alla convention democratica, pur prendendo spunto dalle Scritture, appare profondamente politica. «Questa sera segna un importante prossimo capitolo nella nostra storia, di chi diventeremo come nazione. Quindi vi parlo con un senso di urgenza e di speranza, conoscendo il difficile lavoro che attende, fondata nella mia fede». Suor Campbell passa, quindi, alla Genesi. «Il primo paragrafo della Scrittura, che influenza le tre tradizioni abramitiche, ci dice: Lo Spirito Divino alitò sulle acque del caos e produsse una nuova creazione. Incoraggiati da questa promessa che una nuova creazione può venire dal caos, preghiamo».

La preghiera vera e propria, rivolta allo Spirito Santo ma scandita dai tempi della campagna elettorale («mesi e settimane a venire»), tocca i temi dell’emarginazione, della difesa dell’ambiente, della lotta al razzismo, al bigottismo e al sessimo. «O Spirito Divino! Durante le settimane e i mesi a venire, stimola i nostri cuori e le nostre menti affinché possiamo lottare per una visione che sia degna di te e della tua chiamata a onorare la dignità di tutta la tua creazione. Una visione di chi siamo come popolo, radicato nella comunità e attento a tutti, soprattutto ai più emarginati. Una visione che si prenda cura della nostra terra e guarisca il pianeta. Una visione che ponga fine al razzismo strutturale, al bigottismo e al sessismo così diffusi ora nella nostra nazione e nella nostra storia. Una visione che assicuri che le persone affamate siano sfamate, i bambini siano nutriti, gli immigrati siano i benvenuti».

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Apertamente politica, e politically correct, è anche la prospettiva sul futuro degli Stati Uniti. «O Spirito, respira in noi e nei nostri leader una nuova determinazione, perché in questa nuova promessa americana possiamo lavorare insieme per costruire una comunità nazionale fondata sulla guarigione, basata senza paura sulla verità e fondata su un senso di responsabilità condivisa. In nome di tutto ciò che è santo, o Spirito, fai emergere da questo tempo di caos globale e nazionale una nuova creazione, una nuova comunità che può, con il tuo aiuto, realizzare questa nuova promessa che affermiamo questa sera. Con profonda speranza, come popolo diciamo: Amen!».

Più breve, sebbene simile nelle suggestioni, è la preghiera pronunciata dal gesuita James Martin, fra le personalità religiose di maggiore visibilità negli Stati Uniti. Molti i temi toccati, alcuni di stretta attualità (disoccupazione, razzismo, immigrazione), altri da anni fra i cavalli di battaglia di padre Martin – su tutti, la lotta all’omofobia. Degno di nota – e viene da chiedersi quanto gradito all’uditorio – il riferimento al nascituro, che rimanda, pur senza menzionarla esplicitamente, alla vita minacciata già nel grembo materno. «Dio amorevole, apri i nostri cuori ai più bisognosi: il genitore disoccupato che si preoccupa di nutrire i propri figli; la donna sottopagata, molestata o maltrattata; l’uomo o la donna di colore che temono per la propria vita; l’immigrato alla frontiera, in cerca di sicurezza; il senzatetto che cerca un pasto; l’adolescente LGBT vittima di bullismo; il nascituro nel grembo materno; il detenuto nel braccio della morte. Aiutaci ad essere una nazione dove ogni vita è sacra, tutte le persone sono amate e tutti sono i benvenuti. Amen».

Se questo è il clima ad oltre due mesi dalle elezioni, la campagna elettorale americana sembra già arrivata alla frutta. Gli Stati Uniti, d’altronde, sono la patria di Steve Bannon e la nazione nella quale l’ex nunzio Carlo Maria Viganò da due anni ha radicato la propria invettiva contro il Papa, del quale ha chiesto più volte le dimissioni. Non stupisce, perciò, che se la compagine a sostegno di Joe Biden ha l’aspetto di una Babele, quella a favore di Donald Trump ha tutta l’aria di un carrozzone, nel quale trova spazio tutto e il contrario di tutto. Basti pensare che nel giro di poche ore Trump è riuscito a dichiarare un «grande onore» l’essere indicato come il «presidente più pro-gay della storia americana» e a rilanciare su Twitter il video di un proprio intervento di tre anni fa in Polonia, con tanto di gigantografia di san Giovanni Paolo II, al quale Trump aggiunge oggi l’appello «Noi vogliamo Dio!».

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Accenti molto diversi fra loro, così come gli ospiti cattolici invitati alla convention repubblicana. Una conferma è il nome dell’arcivescovo di New York, card. Timothy Dolan, che ha recitato una preghiera all’apertura della convention del partito di Donald Trump ieri sera, 24 agosto (questa notte, ora italiana), come già nel 2016 alla prima candidatura del magnate e nel 2012 da entrambi i candidati, Barack Obama e Mitt Romney. Nessun appoggio politico, spiega una nota dell’arcidiocesi, solo la risposta alla richiesta di un momento di preghiera. Lo spirito dichiaratamente bipartisan, in effetti, è evidente sin dalle prime battute. «Preghiamo. E dobbiamo pregare, come cittadini grati di un Paese che affermiamo coraggiosamente essere una nazione sotto Dio. Dobbiamo pregare, lodando il Signore per un Paese in cui la libertà di religione è così cara. Dove sia i Repubblicani che i Democratici iniziano le loro convention, il capo chinato in preghiera».

Nella preghiera del card. Timothy Dolan trovano spazio, poi, i temi di attualità. «Dobbiamo pregare, consapevoli di coloro che soffrono di Covid e di quanti sono stremati in prima linea, che si prendono cura di loro e di tutti noi. Dobbiamo pregare che tutte le vite possano essere protette e rispettate, nelle nostre città travagliate e nella polizia che le custodisce. In situazioni del mondo tese in cui i nostri uomini e donne in uniforme mantengono la pace. Per la vita innocente del bambino nel grembo materno. Per i nostri anziani in assistenza infermieristica e in ospizio. Per i nostri immigrati e rifugiati. Per quelle vite minacciate dalla persecuzione religiosa in tutto il mondo, o dall’epidemia, dalla fame, dalla droga, dal traffico di esseri umani o dalla guerra».

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In conclusione, la preghiera dell’arcivescovo di New York ripropone il suo carattere più schiettamente nazionale e bipartisan. «Dobbiamo pregare in Ringraziamento, nel Ringraziamento, caro Dio, per la democrazia. Mentre chiediamo la tua mano, Padre Onnipotente, sopra questa convention e sui candidati di entrambe le parti, e la sua saggezza su un elettorato così desideroso di adempiere al suo dovere di cittadinanza fedele. In God we trust, in Dio noi confidiamo».

Una novità di altro segno è, invece, la partecipazione alla convention repubblicana di Nicholas Sandmann e Abby Johnson. Non si tratta di consacrati, ma in entrambi i casi l’appartenenza alla comunità cattolica è un tratto fortemente pubblicizzato, in obbedienza allo stile provocatorio di Donald Trump.

Nick Sandmann è un ex studente della Covington Catholic High School di Park Hills, Kentucky, divenuto celebre nel 2019 per un video che lo ritraeva durante un controverso confronto con un anziano nativo americano, Nathan Phillips, nell’ambito di due manifestazioni in corso a Washington, una pro-life e l’altra a favore dei diritti delle minoranze indigene. Reciproche provocazioni e un berretto con lo slogan “Make America Great Again”, indossato da Sandmann in palese sostegno a Donald Trump, avevano fatto il resto. Con il video divenuto virale in rete e Sandmann sommerso di critiche, la vicenda si è conclusa con una serie di cause multimilionarie per danni intentate (e vinte) dal giovane a The Washington Post, NBC e CNN, rei di aver decontestualizzato l’episodio.

Diverso il caso di Abby Johnson, attivista pro-vita con alle spalle un ruolo dirigenziale a Planned Parenthood, capofila nell’impegno a favore dell’aborto. Lasciata l’organizzazione nel 2009 dopo l’interruzione di una gravidanza alla tredicesima settimana, la Johnson si è convertita alle battaglie pro-life e, dal 2012, al cattolicesimo. Nel 2019 un film, “Unplanned” (letteralmente, “Non pianificato”), ha raccontato la sua storia.

La Chiesa cattolica, forte della sua universalità, «riflette la confluenza di tutte le parzialità che in essa mantengono la loro originalità» (Evangelii gaudium, 236). Non una sfera che annulli ogni differenza, bensì un poliedro, secondo un’immagine cara a papa Francesco, che nella salvaguardia dell’unità sappia valorizzare la molteplicità dei doni e dei carismi. Dispiace vedere questo tratto, a suo modo profetico, snaturato e dato in pasto agli interessi delle opposte fazioni di una campagna elettorale.

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