Un servizio, prima ancora che una mediazione. «Manifestare interesse, vicinanza, ascolto, perché il conflitto possa trovare percorsi di pace». È questa la chiave interpretativa del proprio ruolo suggerita dal card. Matteo Maria Zuppi nella veste di inviato del Santo Padre per «allentare le tensioni nel conflitto in Ucraina». Sembra fargli eco il coordinatore del team di mediatori di cui faceva parte anche Zuppi in Mozambico all’inizio degli anni ’90, Mario Raffaelli: «Qualsiasi accordo diventa praticabile e realistico solo quando le parti in causa ritengono preferibile perseguire i propri interessi con il dialogo, anziché con la violenza». L’intervista.
geopolitica
L’ago di Francesco e la pace del Sultano
Per il bene della pace, la prima “missione” della Santa Sede sarebbe di ritrovare l’ago della bussola. Come ha fatto con la propria uno dei timonieri di questa crisi: il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan.
Parsi: «Riformare l’Onu? Il rischio è di perderlo del tutto. La leadership delle democrazie occidentali non è più incontestata»
A quasi 80 anni dalla nascita dell’Onu «ricostruire qualcosa del genere sarebbe impossibile», spiega Vittorio Emanuele Parsi. E se il Consiglio di sicurezza può sembrare inefficace, «le agenzie specializzate dell’Onu esistono solo perché esiste l’Onu, e il loro lavoro, per molte persone sparse nel mondo, fa la differenza tra la vita e la morte». Alternative possibili? «Nessuna. L’Onu si occupa della sicurezza collettiva, che è un punto di arrivo e un auspicio. La Nato si occupa della sicurezza comune delle democrazie. Ed è chiaro che è insostituibile in questo momento».
L’Ucraina, la Turchia e l’ipocrisia dell’Europa. «Ripartire dalla coerenza potrebbe aprire percorsi nuovi. Vorrei sbagliarmi ma siamo già in ritardo». Intervista a p. Claudio Monge
«E ovviamente la necessità di avere le armi di cui hanno bisogno». Parole del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, al World Economic Forum di Davos. Il riferimento è alla Turchia, il nuovo ago della bilancia della geopolitica internazionale, con l’anima fra la Istanbul di Atatürk, la Costantinopoli di Bartolomeo e la Sublime Porta di Erdoğan. Intervista a padre Claudio Monge.
Spettatori plaudenti di giochi gladiatori? Nella guerra fra Russia e Ucraina la via militare non è l’unica strada. Intervista al generale Marco Bertolini
Può sembrare un paradosso, ma nella guerra fra Russia e Ucraina la via militare non è l’unica strada. «Sembra ci sia la tentazione di mantenere la guerra il più possibile». Perché in Ucraina non mancano fortissimi interessi internazionali. «Con l’elevazione dei toni, siamo “spettatori plaudenti” di questi “giochi gladiatori”». Vale a dire uno scontro al massacro, che si combatte anzitutto sul mercato delle armi. «In Afghanistan uno degli sforzi principali era recuperare i missili ceduti a suo tempo, perché non si era certi nelle mani di chi fossero finiti». E le armi biologiche? «La stessa accusa che veniva mossa ad Assad in Siria ora viene mossa a Putin, e questo è preoccupante». Con la Cina sullo sfondo. «Il saldamento fra due superpotenze complementari potrebbe portare alla nascita di un’entità temibile, sia economica che militare, con la quale fare i conti in futuro». Intervista al generale Marco Bertolini.
In Ucraina è guerra contro l’uomo. «L’immensa complessità di ciò che sta attorno». Intervista a Riccardo Petrella
La guerra in corso in Ucraina è una violenza inaccettabile. Si può dire il frutto di quasi un secolo di responsabilità incrociate, diffidenze reciproche, impegni disattesi e differenti interpretazioni delle relazioni internazionali. Eppure, per molti versi, è anche la conseguenza di un pensiero sorprendentemente comune ai due schieramenti: la guerra contro l’uomo. Fra aspirazioni imperiali, pace imposta con le armi e un mondo che sta cambiando. È «l’immensa complessità di ciò che sta attorno alla guerra in Ucraina e la difficoltà di trovare una soluzione».