Domenica 13 marzo 2022. II domenica di Quaresima. Domenica della Samaritana. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Paolo Alliata.
✠ In quel tempo. Il Signore Gesù giunse a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica». Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
Gv 4, 5-42
Oh, come sono permeabili le frontiere umane!
quante nuvole vi scorrono sopra impunemente,
quanta sabbia del deserto passa da un paese all’altro,
quanti ciottoli di montagna rotolano su terre altrui
con provocanti saltelli!
[…]
Tra gli innumerevoli insetti mi limiterò alla formica,
che tra la scarpa sinistra e la destra del doganiere
non si sente tenuta a rispondere alle domande “Da dove?” e “Dove?”
Oh, afferrare con un solo sguardo tutta questa confusione,
su tutti i continenti!
[…]
Solo ciò che è umano può essere davvero straniero.
Il resto è bosco misto, lavorio di talpa e vento.
W. Szymborska, Salmo
Gesù è in cammino: ha appena lasciato la Giudea per tornare nella sua Galilea, e per farlo deve attraversare la Samaria, una terra tradizionalmente ostile ai vicini giudei e galilei. Quei confini si sono consolidati nella storia, barriere secolari e crescenti di diffidenza, dispetto e disprezzo.
“Il pane dei samaritani è come la carne di maiale” è un proverbio che forse Gesù stesso conosceva. Tanto è vero che il memorabile dialogo con la donna di Samaria – che diventa simbolo di tutto un popolo – si apre con la sottolineatura che lei fa, a rimarcare l’inconciliabile distanza: “Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?”.
La pagina si conclude con la constatazione che “molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni”. A quanto pare, la frontiera di diffidenza e ostilità si è sciolta in fiducia e rispetto. Di più: in fede (“credettero in lui”).
È l’effetto del dialogo tra Gesù e la donna e della testimonianza (termine caro al quarto vangelo) di lei ai suoi compaesani di Sicar. Anche la barriera di sorda diffidenza tra lei e loro è così superata (se si è recata al pozzo a mezzogiorno, l’ora in cui nessuno vi si reca normalmente, è forse per evitare incontri? Ma poi, lasciata la brocca al pozzo, corre a cercarli). Tutto questo sbriciolamento di confini matura in forza di una sete comune: il desiderio di incontrarsi nel profondo, di non rimanere chiusi nel proprio mondo troppo piccolo. Gesù ha sete del cuore della donna, la donna ha desiderio di “acqua viva” – immagine potente che rimanda allo Spirito, alla sorgente dell’inarginabile Amore che freme al fondo di ogni deserto umano.
L’Europa sta vivendo l’incubo, in queste settimane, di confini travolti non dal desiderio comune di incontrarsi, ma dalla violenza e dal sopruso che devasta. Il patriarca ortodosso di Mosca, Kirill, ha riconosciuto in questo travalicamento di confini un impegno profetico, a protezione dei valori cristiani, ormai umiliati – a suo dire – in Occidente. Niente di nuovo sotto il sole: non mancano nella storia delle grandi religioni occasioni in cui la fede nel Dio vivente si snatura e muore nell’ideologia che sostiene la propria parte politica. È scandaloso quando accade, è violento e stupido. È frutto di una frenesia allucinata.
Questa storia di confini troppo alti o così fragili da essere travolti contraddice – scrive la Szymborska – l’umile sapienza delle cose: che in natura i confini non ci sono, che in natura i tempi lenti sono legge. Le frontiere tirate sulle carte sono frettolose come colpi di sciabola sui corpi. “Solo ciò che è umano può davvero essere straniero”. Solo il cuore umano crea i confini e li arma.
Quel giorno la frontiera tra Samaria e Galilea si fece sottile, inconsistente, per effetto di un incontro a cuore aperto. L’avventura davvero umana, l’avventura degli uomini e delle donne secondo il cuore del Dio vivo, è di incontrarsi in forza della stessa sete che li accende: di una vita piena, di “acqua che scorre per la vita eterna”. Anch’essa, come la formica della poesia, non si cura dei balordi confini tra le genti e li attraversa zampillando per portare fecondità, gioia di vivere, speranza e forza per il domani. Ogni confine attraversato per colpire è una violenza allo Spirito di Dio, non il luogo di una sua benedizione.
L’avventura di imparare a vivere davvero è impegnativa.
Il Signore ci accompagni.
Don Paolo Alliata
Don Paolo Alliata. Nato a Milano nel 1971, dopo la laurea in Lettere classiche all’Università degli Studi di Milano, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Attualmente è vicario della comunità pastorale Paolo VI per la parrocchia di Santa Maria Incoronata a Milano. Autore di testi teatrali sull’Antico e sul Nuovo Testamento, è responsabile dell’Ufficio per l’Apostolato Biblico della Diocesi di Milano. Fra le sue pubblicazioni, Dove Dio respira di nascosto. Tra le pagine dei grandi classici (Milano, Ponte alle Grazie, 2018) e C’era come un fuoco ardente. La forza dei sentimenti tra Vangelo e letteratura (Milano, Ponte alle Grazie, 2019). Da due anni le sue omelie sono raccolte su un canale YouTube.
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“Signore! La guerra è cattiva e barbara: la guerra
odiata dalle madri, esacerba gli animi;
mentre c’è la guerra, chi seminerà la terra?
Chi mieterà le spighe che giugno ha indorato?”
(Antonio Machado)