La lettera di papa Francesco a Marx. Più Dio, realtà e meno “ismi”

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“Si risponde: negativamente”. Di nuovo. Si potrebbe riassumere così, citando ironicamente la replica che apre un ormai celebre Responsum, l’esito (per ora) della vicenda che ha per protagonista il cardinale tedesco Reinhard Marx e le sue dimissioni: papa Francesco non le ha accettate. Risultato legittimo e possibile, forse anche probabile. E che apre ad alcune riflessioni.


Al di là delle introduzioni di rito, le chiavi di lettura della lettera indirizzata oggi da papa Francesco al card. Reinhard Marx (qui e qui due approfondimenti sulla vicenda dimissioni) sono molteplici. Due, fra le altre, si impongono: una “politica” e l’altra pastorale.

La “politica”, prima non per importanza ma per ragioni di brevità: il rifiuto di papa Francesco, in una mossa, ridimensiona la portata di rottura delle dimissioni presentate dal card. Marx, soprattutto in quanto alle possibili ricadute “scismatiche” sulla Chiesa in Germania e al già vociferato “rafforzamento” delle posizioni riformatrici più estremiste dopo il gesto di Marx. «Questa è la mia risposta, caro fratello. Continua come ti proponi [ad essere sacerdote e vescovo di questa Chiesa], ma come arcivescovo di Munchen und Freising», scrive il Papa in conclusione alla lettera, appellando la diocesi guidata da Marx in lingua tedesca, anche nel testo originale in spagnolo.

Papa Francesco non si sottrae al vivo della questione abusi. «Sono d’accordo con te – scrive al card. Marx (traduzione personale, non ufficiale, del testo) – nel definire una catastrofe la triste storia degli abusi sessuali e il modo in cui la Chiesa li ha affrontati fino a poco tempo fa». Papa Francesco parla più volte di “riforma”, come già Marx. «Abbiamo fatto il “mea culpa” di fronte a tanti errori storici nel passato più di una volta in molte situazioni, anche se non abbiamo partecipato personalmente a quella situazione storica. E questo stesso atteggiamento è quello che ci viene chiesto oggi. Ci viene chiesta una riforma (unica parola sottolineata nel testo originale), che – in questo caso – non consiste in parole, ma in atteggiamenti che abbiano il coraggio di mettersi in crisi, di accettare la realtà qualunque siano le conseguenze». Anche una Chiesa “incidentata”, ma più sana. «Dici bene nella tua lettera – scrive papa Francesco – che seppellire il passato non ci porta a nulla. I silenzi, le omissioni, il dare troppo peso al prestigio delle istituzioni portano solo al fallimento personale e storico, e ci portano a convivere con il peso di “avere scheletri nell’armadio”, come si suol dire».

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Una volta di più è evidente il riferimento ad uno dei postulati più cari a papa Francesco, la realtà è più importante dell’idea, che è più volte adombrato nella lettera. Il senso è spiegato dallo stesso Pontefice nella Evangelii gaudium: «Il criterio di realtà, di una Parola già incarnata e che sempre cerca di incarnarsi, […] ci porta, da un lato, a valorizzare la storia della Chiesa come storia di salvezza […] senza pretendere di elaborare un pensiero disgiunto da questo tesoro, come se volessimo inventare il Vangelo. Dall’altro lato, questo criterio ci spinge a mettere in pratica la Parola, a realizzare opere di giustizia e carità nelle quali tale Parola sia feconda» (n. 233). E va da sé che, così come la realtà è più importante dell’idea, anche l’unità prevale sul conflitto. Perché – e non si è mai ripetuto abbastanza – la barca, anche quella di Pietro, è una sola. E qualsiasi fuga in avanti (o indietro) porta inevitabilmente a finire fuoribordo.

Decisamente più interessante delle speculazioni politiche è il contenuto spirituale e pastorale della lettera di papa Francesco, che supera abbondantemente quello della lettera di dimissioni di Marx. È evidente fin dalle prime righe, con molteplici riferimenti alle Scritture e immagini bibliche. In particolare, papa Francesco torna su uno dei temi che lo caratterizzano da anni: la profonda diffidenza verso gli “ismi” (efficientismi, pragmatismi, sovranismi,…). Il Papa ne ha parlato in diverse occasioni all’Angelus, li ha evocati nell’ottobre 2019 aprendo la prima Congregazione generale del Sinodo per l’Amazzonia con un discorso a braccio (nel quale ricorda, fra l’altro, che «il Sinodo non è un parlamento») e soprattutto ci è ritornato nell’omelia dell’ultima solennità di Pentecoste: «Gli “ismi” sono ideologie che dividono, che separano. La Chiesa non è un’organizzazione umana – è umana, ma non è solo un’organizzazione umana – la Chiesa è il tempio dello Spirito Santo».

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«I sociologismi, gli psicologismi, sono inutili», scrive papa Francesco nella lettera indirizzata a Marx. Strumenti che, invece, da sempre abbondano nelle interpretazioni e nelle ipotesi di soluzione d’Oltralpe, specie nel Cammino sinodale in corso. E qualche cosa davvero non va nell’iniziativa in corso in Germania se addirittura un cardinale emerito tutt’altro che in odore di conservatorismo come Walter Kasper in una recente intervista a Passauer Bistumsblatt commenta: «Non ho ancora rinunciato alla speranza che la preghiera di molti fedeli cattolici aiuterà a guidare il Cammino sinodale sui binari cattolici». Dai quali, evidentemente, ora come ora è deragliato.

Anche papa Francesco nella lettera a Marx parla di “cammini”. «È la via dello Spirito che dobbiamo seguire, e il punto di partenza è l’umile confessione: abbiamo sbagliato, abbiamo peccato. I sondaggi e il potere delle istituzioni non ci salveranno. Il prestigio della nostra Chiesa che tende a nascondere i suoi peccati non ci salverà; né il potere del denaro né l’opinione dei media ci salveranno (tanto spesso ne dipendiamo troppo). Ci salverà aprire la porta all’Unico che può farlo e confessare la nostra nudità: “Ho peccato”, “Abbiamo peccato”».

«Accettare la crisi, personale e comunitaria, è l’unica strada fruttuosa», scrive ancora il Papa, cogliendo uno degli aspetti più intimi, ma anche più veritieri, della lettera del card. Reinhard Marx – quello di una crisi anche personale del porporato – come umilmente suggerito anche da queste pagine. «Mi dici che stai attraversando un momento di crisi – scrive Francesco a Marx – e non solo tu, ma anche la Chiesa in Germania lo sta vivendo. Tutta la Chiesa è in crisi per il problema degli abusi». Una crisi dolorosa, anche per i cristiani di tutto il mondo. Ma è almeno un buon segno. «La crisi coinvolge… il conflitto – invece – ci avvince e provoca l’atteggiamento asettico di Pilato: “Io sono innocente di questo sangue. Sono affari tuoi” (Mt 27, 24)… quanto male ci ha fatto e ci sta facendo», precisa papa Francesco nell’unica nota della lettera. Santa chiosa.

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