Ad Expo la soluzione in tre film. Con Cristo al centro

Una lettura di 5 minuti

La presenza della Santa Sede ad Expo 2015, unica nello scenario dell’Esposizione milanese, assume i connotati della denuncia e della proposta rispettivamente attraverso le fotografie e i filmati che compaiono sulle pareti del Padiglione vaticano. Con Cristo al centro.

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Alle quasi duecento fotografie che compaiono sulla parete sinistra del Padiglione Expo della Santa Sede è affidato il messaggio di denuncia di una situazione globale sempre più intollerabile. Una «globalizzazione dell’indifferenza» sulla quale più volte si è soffermato papa Francesco, resa qui attraverso stampe e proiezioni disposte ad onda ed organizzate in tre nuclei fondamentali: conflitto, disequilibrio e de-creazione. Nella volontà di ampliare lo sguardo al di là dei significati più immediati dei concetti trattati, nelle fotografie non compaiono soltanto scene di guerra, denutrizione o inquinamento, ma trovano spazio anche le piaghe del cosiddetto “mondo libero”, dal gioco d’azzardo all’alcolismo, dalla solitudine all’invisibile povertà delle metropoli. A rendere ancora più concreta la composizione sono i volti di persone reali, i visi di quella «carne di Cristo» segnata da criticità tutt’altro che teoriche.

Difficoltà concrete, alle quali la Chiesa è chiamata a rispondere altrettanto concretamente, su un duplice piano: materiale e spirituale. Al primo è dedicata la parete destra del Padiglione, sulla quale vengono proiettati a ripetizione tre video che mostrano, con riprese sul campo e senza l’impiego di attori, altrettanti progetti gestiti dalla Chiesa in aree sensibili del globo, ognuno accompagnato da brevi stralci dei discorsi di papa Francesco. A dare il senso di questi interventi materiali è però la parete di fondo del Padiglione, cui è affidato il messaggio spirituale alla base anche della presenza della Santa Sede ad Expo.

Proprio perché «la Chiesa non è una ONG» – ma lo diviene se sottovaluta l’ineludibile centralità di Cristo – ad unire idealmente e concretamente problemi e soluzioni, sulla parete di fondo del Padiglione è posta la figura di Gesù, raffigurato nell’Ultima cena (del Tintoretto, sino alla fine di agosto; di Rubens, per i restanti tre mesi dell’Esposizione milanese), incarnazione dell’amore senza riserve, dell’impegno in prima persona con la propria vita, del senso di unità e comunità. È questo l’elemento cardine del Cristianesimo e dell’impegno cristiano nel mondo, che fornisce motivo e ragion d’essere alle soluzioni proposte nei video.

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Il primo filmato, in ideale simmetria con il nucleo fotografico dei conflitti sulla parete opposta, è intitolato Rinfrancatevi il cuore (Refresh your heart) ed è stato girato in un campo profughi di Erbil, nel Curdistan iracheno. Nel campo hanno trovato rifugio persone di diversa religione, prevalentemente cristiani e musulmani, in fuga dalla violenza dell’Isis. La Chiesa è presente in questa realtà di dolore e speranza con Catholic Near East Welfare Association (CNEWA), agenzia della Santa Sede fondata da Pio XI nel 1926 per portare aiuto alle Chiese del Vicino Oriente. Nei suoi quasi 5 minuti, il video mostra la vita nel campo, il lavoro degli operatori sanitari, il gioco dei bimbi, la muta solerzia degli anziani, la prosecuzione della vita tramite l’amministrazione di un battesimo. Molte sono infatti nel campo le nuove vite che vengono alla luce, e molti i bambini che nascono da donne che hanno subito violenza sessuale. Alcuni di essi vengono affidati a giovani coppie, che li accolgono come figli propri.

In Un boccone di pane (A piece of bread) ci è offerto lo stridente disequilibrio fra l’opulenza degli ipermercati e dello spreco alimentare e la vita affamata di cibo, ma ricca di dignità, dei quartieri poveri di Santiago de Guayaquil, la Perla del Pacifico, in Ecuador. La gioia dei bimbi, la dolcezza della vita nascente, l’amore familiare fanno da contraltare ai sacchi neri che fagocitano cucchiaiate di cibo e brandelli di vita altrui. Il progetto del locale banco alimentare (Banco de alimentos Diakonía) è gestito dalla Fondazione “Populorum Progressio” per l’America Latina, eretta da Giovanni Paolo II il 13 febbraio 1992.

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L’ultimo dei tre video, Un po’ d’acqua (A little water), ci porta nelle terre assetate del Sahel, nell’Africa sub-sahariana, e in particolare in Burkina Faso, vittima ed emblema della de-creazione. Il progetto presentato, la costruzione di pozzi e canali di irrigazione, è gestito dalla Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel. Questo è forse il video dove il particolare senso di aiuto e insegnamento presente in tutti i filmati, reciproco e mai unidirezionale, è reso più esplicito grazie all’immagine del soccorso offerto da una donna locale al veicolo dei tecnici venuti ad occuparsi del progetto, rimasto all’asciutto. Un aiuto che si fa scambio, una carità che diviene solidarietà, per una beneficenza che non è soltanto verticale, dal ricco al povero, dal supposto progredito all’arretrato, bensì orizzontale, in un’ottica di arricchimento reciproco, non solo materiale.

Art director dei tre video è Lia Beltrami, mentre il film editing è stato affidato a Simona Paggi, già vincitrice di un David di Donatello per Il ladro di bambini e nominata nel 1999 agli Academy Awards per il montaggio del film La vita è bella.

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Nell’immagine: un fotogramma del video Un boccone di pane in proiezione nel Padiglione della Santa Sede ad Expo Milano 2015.

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